L'Unione Europea divisa sulla richiesta di riconoscimento promossa da Abu Mazen.
Anche Madrid, Vienna e Lisbona a favore dello status di "osservatore".
Alberto Mattioli, corrispondente da Parigi.
La Francia rompe gli indugi e annuncia che domani, all'Assemblea generale dell'Onu, voterà sì alla risoluzione che riconosce la Palestina come «Stato osservatore»: non è ancora lo status di membro delle Nazioni Unite, ma è più di quello di «ente osservatore» che la Palestina aveva finora. Fra molte invocazioni al negoziato fra israeliani e palestinesi, il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ha spiegato all'Assemblée nationale che Parigi voterà sì «per coerenza». In effetti, la Francia è sempre stata favorevole al riconoscimento della Palestina e già nel 1982 François Mitterrand andò a dirlo nella sede che meno l'avrebbe apprezzato: la Knesset israeliana. Ma la posizione francese è bipartisan, dato che è stata ribadita dalla presidenza Sarkozy l'anno scorso, in occasione dell'ammissione della Palestina all'Unesco. Del resto, il riconoscimento figura nel programma elettorale di François Hollande, che peraltro, si dice, di suo è più filoisraeliano della media dei politici di gauche.
Ricevendo all'Eliseo Benjamin Netanyahu, il 31 ottobre scorso, Hollande era sembrato dubbioso, perché il Quai d'Orsay teme che il riconoscimento possa essere l'ennesimo bastone nelle ruote del negoziato. Ma la crisi di Gaza ha dato la spinta decisiva al sì. Hollande vuole sostenere il presidente Abu Mazen (e soprattutto il suo pragmatico primo ministro, Abu Fayyad, ben visto a Parigi) in un momento in cui sembra messo nell'angolo da Hamas. Né ci sono scrupoli a dividere l'Unione europea, che sull'argomento si è spaccata da tempo. Alcuni Paesi hanno già annunciato il loro sì, come Spagna, Portogallo e Austria, altri sceglieranno probabilmente l'astensione, come la Germania e l'Italia.
Insomma, l'Ue procede in ordine rigorosamente sparso. La posizione più insolita è quella della Gran Bretagna che, e questa è una novità, potrebbe votare sì. Ma a due condizioni che difficilmente i palestinesi accetteranno: prima, Abu Mazen dovrebbe impegnarsi a riprendere, subito e senza condizioni, i negoziati con Israele; seconda, la Palestina dovrebbe impegnarsi a rinunciare a far parte della Corte penale internazionale e della Corte internazionale di giustizia, in modo da impedire che possa tentare di processare Israele.
L'esito del voto è praticamente scontato. Secondo l'ambasciatore palestinese al Palazzo di Vetro, Ryad Mansour, la domanda di riconoscimento è sponsorizzata «da circa 60 Paesi» e si prevede che almeno 130 voteranno a favore. Isolando, insieme a Israele, anche gli Stati Uniti, che restano assolutamente contrari e minacciano rappresaglie in caso di vittoria del sì. Il ministero degli Esteri israeliano, in ogni caso, non perde il sense of humour e diffonde un paio di divertenti videoclip. In uno, si ironizza sulla politica della sedia vuota (al tavolo dei negoziati) scelta dall'Autorità nazionale palestinese. Nell'altro, l'autobus palestinese va fuori strada per colpa di un autista imprudente che ha la faccia di Abu Mazen.