di Nirmala Carvalho
Il presidente del parlamento tibetano in esilio accusa la Cina di spinger ei giovani tibetani "sull'orlo della disperazione". In due giorni, quattro giovani fra i 18 e i 24 anni, si sono autoimmolati. Una manifestazione di 1000 studenti nel Qinghai è stata soppressa dalle violenze e dai gas lacrimogeni della polizia. Venti studenti sono feriti in modo grave. Le autorità hanno proibito le autoimmolazioni ed esigono l'impegno dei capi villaggio a fermarle. Anche le famiglie devono firmare. Multe e prigionia per chi non accetta.
Dharamsala (AsiaNews) - "I nostri fratelli e sorelle tibetani ricorrono all'autoimmolazione perché tutte le nostre forme di non violenza falliscono, davanti alla Cina, che non si smuove". È l'amaro commento ad AsiaNews di Penpa Tsering, presidente del parlamento tibetano in esilio, dopo la notizia che altri quattro giovani si sono dati fuoco per la causa tibetana e 20 studenti sono stati picchiati in una manifestazione pacifica. "È la repressione cinese che spinge i nostri giovani sull'orlo della disperazione".
Negli ultimi 2 giorni quattro giovani si sono autoimmolati chiedendo libertà per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama. Il 25 novembre una giovane monaca tibetana,m Sangay Dolmas, si è uccisa a Tongren (Qinghai); ieri è stata la volta del 18enne Kunchok Tsering (a Xiahe nel Gansu); del 20enne Wang Gyal, le cui condizioni sono per ora sconosciute; del 24enne Gonpo Tsering a Luqu (Gansu).
Ieri altri 20 giovani tibetani sono stati picchiati mentre manifestavano in modo non violento a Chabcha (cinese: Gonghe), nel Qinghai.
Un gruppo di mille giovani aveva organizzato una dimostrazione contro un libretto di "educazione patriottica" che viene distribuito nelle università. In esso si afferma che la lingua tibetana "è irrilevante" e che le "autoimmolazioni" sono un "gesto stupido". "Le richieste degli studenti - continua Penpa Tsering ad AsiaNews - erano legittime e i metodi erano pacifici. Essi domandavano uguaglianza fra le etnie, rispetto per la verità, un nuovo governo. Nonostante il carattere non violento del raduno, dopo due ore di protesta, gruppi di poliziotti armati si sono scontrati con gli studenti e hanno cominciato a picchiare in modo indiscriminato. Per disperdere la folla hanno lanciato anche lacrimogeni. Ora polizia ed esercito circonda la scuola, la Sorig Lobling".
Dal 2009 almeno 80 tibetani, in maggioranza giovanissimi, si sono dati fuoco per la libertà del Tibet e per salvare la loro cultura e religione dal genocidio. Durante il Congresso del Partito comunista cinese, decine di tibetani si sono autoimmolati gettando discredito sulla politica della Cina, accusata di repressione.
Dal 14 novembre, la polizia del Qinghai ha varato una campagna contro le autoimmolazioni, arrivando a comminare multe e punizioni per le famiglie dei suicidi e dei loro villaggi di provenienza.
Nelle contee di Dowa, Thunding e Malho il governo esige addirittura dichiarazioni dei capi-villaggio che si impegnano a frenare le auto-immolazioni. La polizia gira casa per casa costringendo tutte le famiglie a firmare un impegno contro le autoimmolazioni. Chi si rifiuta rischia la prigione.
Penpa Tsering riafferma che "le autoimmolazioni sono una triste conseguenza del vedere il fallimento di ogni nostra richiesta usando mezzi pacifici. Purtroppo, fino a che la Cina non cambia la sua politica, vi saranno sempre persone che si danno fuoco".
Nel buddismo tibetano - egli spiega - non è contemplato il suicidio, ma "la motivazione è più importante dell'azione. Queste azioni sono completamente non-violente, completamente svuotate di odio e di ira e perciò creano fascino fra i giovani per il loro spirito di altruismo, per il loro combattere per una causa giusta e più vasta : è la repressione della Cina a spingere i giovani sull'orlo della disperazione".