I governi che si riuniscono da oggi a Doha per la Conferenza delle Parti della Convenzione Onu sul Cambiamento Climatico sanno perfettamente che il cambiamento climatico è già in atto, che gli eventi metereologici estremi degli ultimi mesi (in Italia come in Cina, India, Africa e Stati Uniti, dove è passato l'uragano Sandy) sono molto più di un segnale d'allarme.
In particolare, a Doha si decide della sorte del Protocollo di Kyoto che, per quanto largamente insufficiente, è l'unica legittima decisione globale per la limitazione delle emissioni di gas serra che di recente hanno superato il limite di 390 parti per milione. Dalla rivoluzione industriale del XVI secolo ad oggi abbiamo immesso nell'atmosfera 375 miliardi di tonnellate di carbonio. "E' ora che i governi, compreso quello italiano che promuove il carbone e le trivellazioni in mare, si diano da fare per rappresentare concretamente gli interessi delle popolazioni, sempre più vittime del cambiamento climatico, e non quelli delle imprese fossili, dai petrolieri a chi costruisce centrali a carbone, che di tutto questo sono responsabili" dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.
Greenpeace chiede che a Doha ci si accordi per un secondo periodo di impegni, senza permettere che il mercato dei diritti di emissione si riveli ancora una opportunità per le aziende di acquistare a basso costo il diritto di alterare il nostro clima. Ad oggi sono ancora a disposizione dei grandi emittitori di gas serra diritti residui per 13 miliardi di tonnellate di CO2, equivalenti a 2,5 volte le emissioni annue dell'Europa. Negli ultimi cinque anni, l'aumento dell'uso del carbone è stato responsabile di due terzi dell'incremento delle emissioni globali di CO2 e ormai istituzioni come la Banca Mondiale, la Cia e l'Unep lanciano allarmi molto chiari sui rischi che stiamo correndo. "Purtroppo, l'economia mondiale sta accelerando nella direzione sbagliata. Per rimetterla in carreggiata a Doha ci vuole una leadership forte e lungimirante che definisca subito obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra per dare un segnale chiaro agli investitori su quale sarà il sistema energetico mondiale" sottolinea Boraschi.
Nell'ultima Conferenza delle Parti, a Durban lo scorso anno, si è deciso di arrivare nel 2015 a un accordo vincolante sul clima; e che si sarebbe comunque andati avanti nella riduzione delle emissioni fino a quando tale accordo non entrasse in vigore, nel 2020. A Doha bisogna stabilire obiettivi di riduzione delle emissioni più ambiziosi al 2020 e dare concretezza alle altre decisioni di Durban come il Green Climate Fund che deve essere adeguatamente finanziato per fermare la deforestazione nei Paesi in via di sviluppo. La deforestazione è responsabile del 20% delle emissioni di gas serra oltre che della perdita di biodiversità, già minacciata dal cambiamento climatico.
di Marilisa Romagno