Juma Njunge Macharia 81 anni, agricoltore, proviene da un villaggio 100 km a ovest di Nairobi, Kenya.
"Quando ero giovane la stagione delle piogge iniziava a metà aprile, ma ora si è spostata a giugno quando solitamente finiva. Il regime delle piogge è imprevedibile e inaffidabile. A causa di questo è molto difficile pianificare ogni attività agricola".
Nelly Damaris Chepkoskei, 50 anni, agricoltore vive in un villaggio nell`ovest del Kenya.
"Qui nel distretto di Kericho di solito le piogge erano distribuite durante l`anno. Ricordo chiaramente che la mia famiglia celebrava il Natale sotto pesanti piogge, ora a Natale non piove più".
Rajabu Mohammed Soselo, 62 anni, pescatore, vive in un villaggio a 18 km a nord della capitale della Tanzania Dar Es Salaam.
"Come pescatore ho sempre avuto un occhio attento per il mare e le spiagge. Quello che ho visto succedere alla spiaggia di Kunduchi mi ha allarmato molto, praticamente non esiste più. Ora la costa è più vicina al villaggio con drammatiche conseguenze. Ad esempio una moschea e 5 abitazioni sono state portate via dal mare negli anni".
Juma Njunge Macharia, Nelly Damaris Chepkoskei, Rajabu Mohammed Soselo hanno raccontato ciascuno la propria esperienza, testimoni oculari di piogge che scarseggiano, spiagge che scompaiono, innalzamento del livello del mare. I cambiamenti climatici hanno, in continenti come l'Africa, conseguenze sulla sopravvivenza stessa delle popolazioni costrette sempre più spesso a lasciare i villaggi e le terre di origine, a diventare rifugiati del clima. Persone che non sono più in grado di assicurare la sopravvivenza nelle proprie terre a causa di siccità, erosione del suolo e conseguente perdita di terreno coltivabile, desertificazione, deforestazione, alterazioni della disponibilità d'acqua e di cibo, aumento della mortalità a causa di malattie o epidemie provocate dalle alterazioni del clima.
"Il clima è uno dei fattori di crisi per i paesi in via di sviluppo, incide sulle disponibilità di cibo, acqua e terra - ha dichiarato Michele Candotti, Segretario generale del WWF Italia -"Anche le zone umide sono a rischio e se si pensa che più di 200 milioni di persone vivono nella loro prossimità, o su quelle costiere ecco che lo scenario futuro si fa molto preoccupante. Il primo censimento completo e globale disponibile, eseguito nel 1995, ha rivelato i primi dati sui rifugiati ambientali: 25 milioni di persone. E' stima ormai corrente che i rifugiati ambientali possano raddoppiare e raggiungere i 50 milioni entro il 2010.
Il problema dei rifugiati ambientali sta diventando una delle maggiori crisi mondiali dei nostri tempi. Per ora è trattato come una preoccupazione periferica o comunque confinata e circoscritta e specifici paesi e situazioni, ma i paesi industrializzati non possono isolarsi dalle situazioni di stress e disastri nei paesi in via di sviluppo.
In Kenya, ad esempio, negli ultimi 10 anni la superficie agricola altamente produttiva si è ridotta di un terzo ed è stata soppiantata da zone aride e semi aride. Queste ultime non riescono nemmeno più a sostenere le attività estensive di allevamento di bestiame delle popolazioni nomadi del distretti del Nord. Questo si è tradotto in un'accelerazione forzata dei processi di urbanizzazione non pianificata, non controllata.