Simona Biancu

Lavorare come consulente per le organizzazioni non profit consente di avere un punto di osservazione privilegiato, che permette di cogliere caratteristiche, dinamiche e interazioni ricorrenti all'interno delle organizzazioni stesse. Pur nella diversità che caratterizza ciascuna realtà, infatti, alcuni elementi sono osservabili con una certa frequenza.

Uno di questi elementi ricorrenti è connesso con la percezione e condivisione profonda della mission da parte dei componenti del board o, in generale, del gruppo di persone maggiormente coinvolte (a qualunque titolo) nella vita dall'organizzazione.

condividere la mission di un'organizzazione non profit

È utile riprendere la definizione del termine, innanzitutto: la mission è la ragione che giustifica l'esistenza stessa dell'organizzazione, "la risposta alla domanda "chi siete e perché esistete?" (?) e definisce il sistema di valori alla base delle strategie programmatiche. La mission è il magnete che attrarrà e manterrà l'interesse di consiglieri di amministrazione, volontari, personale retribuito e donatori".[1]

È evidente che tutti coloro che operano, a vario titolo, all'interno di una organizzazione sono stati inizialmente "attratti" proprio dalla mission dell'organizzazione stessa.

Nel tempo, però, e soprattutto in conseguenza della mole di lavoro che spesso le organizzazioni si trovano ad affrontare potendo contare su risorse limitate (spesso insufficienti), si tende a scivolare nel mood del "dare per scontato" - è, questo, un elemento sul quale tornerò spesso, perché ricorrente con riferimento ad una serie di aspetti pratici della vita delle organizzazioni.

Cosa significa in concreto? In questo caso specifico si può declinare nel senso di ritenere "ovvia" la conoscenza e condivisione della mission da parte di tutti gli appartenenti - qualunque sia il loro ruolo - all'organizzazione. Il motivo che ha determinato l'adesione all'organizzazione - ideale, bisogno, vicinanza ai membri del gruppo dirigente e così via - non viene, in altre parole, quasi mai "rinnovato" e confermato in maniera condivisa con gli altri membri del gruppo dirigente (o board o qualunque denominazione lo stesso abbia), soprattutto nelle piccole organizzazioni.

Condividere la mission di un'organizzazione non profit

Il risultato è che il dare per scontato che si sia accomunati tutti dalle stesse motivazioni provoca un misunderstanding di fondo che si traduce in una mancanza di unitarietà nella pianificazione strategica - che molto spesso non esiste o è carente e frammentaria - e nell'azione quotidiana. Per dirla in termini più semplici: ciascuno va per la propria strada, spesso moltiplicando gli sforzi per ottenere un risultato non del tutto soddisfacente alla luce del lavoro fatto, senza un coordinamento complessivo di tutta l'azione.

Cosa fare per evitare questo empasse? Condividere la percezione della mission: sedersi intorno ad un tavolo e dirsi, al netto delle espressioni formali contenute nello Statuto, "quello che io penso che l'organizzazione dovrebbe fare per rendere concreta la mission che si è data è ?" è un ottimo modo per far emergere diversità di interpretazione, divergenze di opinione, discordanza sul modo di affrontare il lavoro quotidiano, ma anche malumori. Tutte cose che, seppur inizialmente dirompenti, hanno l'effetto - se gestite in modo costruttivo e con la volontà di affrontare le difficoltà, risolvere e progredire - di far ripartire con nuovo slancio l'organizzazione.

[1] H. Rosso. E.R. Tempel. V. Melandri, Il libro del Fundraising - Etica, strategie e strumenti della raccolta fondi, ETAS 2004, p. 30

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