In un nuovo documento diffuso ieri, Amnesty International ha denunciato che in Libia i cittadini stranieri privi di documenti di soggiorno rischiano sfruttamento, detenzioni arbitrarie e a tempo indeterminato, pestaggi e, in alcuni casi, anche la tortura.
Il documento, intitolato "Siamo stranieri, non abbiamo alcun diritto" e basato su una serie di visite effettuate da Amnesty International in Libia tra maggio e settembre, descrive la sofferenza di rifugiati, richiedenti asilo e migranti nel paese nordafricano.
Durante i 42 anni di regime del colonnello Gheddafi, i cittadini stranieri - specialmente quelli provenienti dall'Africa subsahariana - avevano vissuto nell'incertezza di politiche mutevoli e nel timore di essere arrestati arbitrariamente, finire in carcere a tempo indeterminato e subire torture.
La loro situazione è peggiorata dopo il conflitto del 2011, nel clima generale di assenza di legalità in cui potenti milizie armate continuano ad agire al di fuori della legge. Le autorità non contrastano il razzismo e la xenofobia, alimentati ulteriormente dalla percezione, assai diffusa tra i libici, che il deposto governo abbia usato "mercenari africani" per stroncare la rivolta.
"È una vergogna che le violazioni dei diritti umani dell'epoca di Gheddafi ai danni dei cittadini stranieri, specialmente quelli di origine subsahariana, non solo siano proseguite ma siano persino peggiorate. Le autorità libiche devono riconoscere quanto siano gravi e diffuse le azioni delle milizie e prendere misure per proteggere tutti i cittadini stranieri dalla violenza e dagli abusi, a prescindere dalla loro origine o dal loro status" - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
"Abbiamo ripetutamente avvisato le autorità libiche della minaccia posta dalle milizie. Sollecitiamo nuovamente il governo a metterle sotto controllo e a chiamarle a rispondere delle loro azioni, ad adottare provvedimenti concreti contro il razzismo e la xenofobia e a tener conto di quanto la Libia dipenda dal lavoro dei migranti" - ha aggiunto Sahraoui.
In Libia, i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati rischiano di essere arrestati in casa, in strada, nei mercati o ai posti di blocco. Alcuni vengono fermati mentre cercano di imbarcarsi per l'Europa o di attraversare il deserto. A effettuare la maggior parte degli arresti non sono le forze di polizia, ma le milizie armate che a volte agiscono con violenza, sequestrando telefoni, soldi e altri beni di valore.
I cittadini stranieri sono inoltre esposti all'estorsione, allo sfruttamento e al lavoro forzato sia dentro che fuori i centri di detenzione. La loro sorte dipende in larga parte dalla fortuna e dalla buona volontà dei libici in cui s'imbattono.
I cittadini stranieri sono detenuti in varie strutture, compresi i centri ufficiali di "trattenimento" per i migranti irregolari così come siti improvvisati quali hangar o basi militari.
Tra maggio e settembre 2012, Amnesty International ha visitato nove centri di detenzione in tutta la Libia nei quali, nel periodo in questione, si trovavano circa 2700 cittadini stranieri, tra cui donne incinte, madri coi loro figli piccoli e minori non accompagnati, in cella insieme ad adulti sconosciuti, tutti detenuti per "reati d'immigrazione".
I detenuti hanno riferito ad Amnesty International di essere stati sottoposti a torture e altri maltrattamenti, compresi lunghi pestaggi con cavi di metallo, tubi di gomma, bastoni e cannelle dell'acqua. Molti hanno mostrato i segni delle ferite.