George Sabra rappresenta il Congresso Nazionale Siriano.
Un cristiano, e per giunta con un lungo trascorso da militante comunista, alla guida di una rivoluzione sempre più islamica. Un cristiano a contraddire le generalizzazioni che catalogano le minoranze tra gli alleati della dittatura siriana. Un cristiano per facilitare i rapporti con la comunità internazionale e soprattutto capace di ottenere aiuti da un Occidente oggi molto critico delle gravi violenze perpetrate dalle brigate ribelli contro i fedeli di Bashar Assad. George Sabra lascia intendere di essere ben consapevole del rischio che la sua elezione l'altra sera alla presidenza del Congresso Nazionale Siriano possa essere puramente strumentale e proprio per questo tiene a ribadire la propria forza di veterano della lotta per la libertà. «Non mi lascerò mettere in disparte. Non sono il tipo che si fa guidare, io sto al comando», ha dichiarato appena dopo la nomina di fronte ai 400 delegati del vasto movimento di resistenza riuniti nel Qatar per darsi un direttorio unitario. È lui ora la massima personalità del Congresso Nazionale Siriano, il movimento più importante dell'opposizione cresciuto nella diaspora. Primo compito sarà trattare con gli altri gruppi della rivoluzione. Ieri sera a Doha stavano cercando di unirsi in un grande movimento ombrello chiamato Coalizione Nazionale Siriana.
Il carisma personale non gli manca. Sabra a 65 anni è parte di quello sparuto, e per lo più sconosciuto, gruppo di eroi dell'opposizione storica che per decenni sono stati torturati, incarcerati, vessati in quasi completa solitudine. Tra loro comunisti, predicatori islamici, imprenditori liberali decisi a denunciare il nepotismo e la corruzione della nomenclatura, scrittori, intellettuali. Comunista della prima ora, in carcere duro dal 1987 al 1995 per volere di Hafez Assad (padre dell'attuale presidente morto nel Duemila), nel 2005 si adatta al mutare del tempi e diventa socialdemocratico, ma il suo impegno contro la dittatura non cambia, viene messo agli arresti domiciliari a più riprese. Quindi incarcerato due volte per circa tre mesi complessivi dopo lo scoppio delle sommosse nel marzo 2011. Poi la sua rocambolesca fuga a piedi in Giordania ha fatto ricordare che a fianco dei nuovi ribelli influenzati dalle Primavere Arabe ci sono anche i veterani della dissidenza politica.
Oggi di quell'esperienza tanto sofferta la variegata, confusa, caotica e per molti versi deficitaria meteora delle brigate rivoluzionarie dimostra di aver un grande bisogno. Perché, se nella fase iniziale la rivolta ha avuto un punto di forza nella sua essenza spontanea, disorganizzata e anarcoide, è però ormai molto tempo che ha disperato bisogno di darsi una struttura politica organizzata. I vantaggi di ieri sono diventati zavorre. Da qui la riunione di Doha, sponsorizzata in forme diverse soprattutto da Qatar, Arabia Saudita, Francia, Stati Uniti e Turchia. Il tentativo è quello di mettere assieme tutti i gruppi e dare loro rappresentanza coerente, in grado di coordinare gli sforzi militari in Siria e soprattutto ottenere aiuti dall'estero. Non è un mistero che i militanti nella diaspora legati al Congresso Nazionale Siriano hanno ormai un seguito irrisorio tra i combattenti all'interno del Paese. I Fratelli Musulmani, forza maggioritaria, hanno visto in Sabra il collante, il punto di coesione e da pragmatici quali sono l'hanno sponsorizzato. Lui non si tira indietro. Nella sua prima conferenza stampa ha subito criticato la "passività" internazionale e chiesto armi contro l'esercito lealista pienamente sostenuto invece da Iran e Russia.
Lorenzo Cremonesi