di Chiara Maffioletti
Renato Mastro è un professore, ha 58 anni e insegna italiano e storia al Liceo delle Scienze Sociali Besta, a Milano. Ieri, assieme ad altri suoi colleghi, ha scelto di correggere i compiti in classe dei suoi alunni in strada, per protestare contro i provvedimenti che vorrebbero incrementare l'orario di servizio in classe degli insegnanti da 18 a 24 ore. Capiremo attraverso le sue parole quanto tutto questo possa influire anche sui giovani che mai come oggi faticano a diventare insegnanti.
Il nostro effettivo orario di servizio non è mai stato di 18 ore. La verità è che gli insegnanti fanno tutta una serie di lavori a casa, tra cui la correzione dei compiti, che nessuno riconosce. Ora vogliono aumentare il nostro orario di lavoro per far fare sempre di più ai "pochi" che già lavorano nella scuola, impedendo l'ingresso dei giovani che sarebbe invece fondamentale.
Lui ha iniziato ad essere chiamato professore dal 1980:
Sono entrato di ruolo dopo cinque anni di precariato, che allora mi sembravano anche tanti, e in cui comunque mi pagavano lo stipendio anche durante i mesi estivi. Mi rendo conto che eravamo persone assai fortunate rispetto a quello che succede oggi ai miei colleghi che vengono brutalmente licenziati il 10 giugno.
Sì, perchè ormai, per non pagare i mesi estivi di "inattività", gli insegnanti non ancora di ruolo vengono licenziati per poi essere nuovamente assunti a settembre.
A scuola mi occupo anche di orientamento, cerchiamo di capire con i ragazzi, attraverso le indagini della camera di commercio, quali possano essere i possibili sbocchi per loro. I ragazzi sono veramente preoccupati. Non potrebbe essere diversamente quando apprendi che lo sbocco nel mondo del commercio per una persona laureata oggi vuol dire fare la commessa.
Problemi che esistono per ogni categoria, compresa, ovviamente, quella martoriata della scuola: "Con i nuovi contratti anche gli scatti di anzianità sono congelati. Ho un collega che è stato assunto dopo 15 anni di precariato e ha 47 anni: per nove anni sa che il suo stipendio non si sposterà mai da quei 1.300 euro al mese che prende. In tutto questo, in pochi anni i docenti nella scuola italiana sono diminuiti da 800mila a 600mila". Di questi:
Stando ai dati Ocse, in Italia i docenti sotto i 40 anni sono il 10%; tra i 40 e i 50 anni sono il 30% mentre il restante 60% sono dai 50 anni in su. E' una differenza enorme rispetto agli altri Paesi
Anche per gli studenti è un problema avere insegnati solo anziani. Il nostro non è un mestiere come un altro e il gap generazionale esiste. E' inutile pensare di poter cambiare la scuola solo con docenti anziani. E' il caso che inizi ad esserci un sano ricambio in cui possa esserci il passaggio d'esperienza dai docenti più anziani a quelli più giovani. Hanno appena bandito un concorso per 11mila posti, riservato a docenti già abilitati e quindi non giovani. Sono già arrivate quasi 300mila domande. Per questo, quando a scuola arriva uno di 35, 40 anni viene percepito come un ragazzino, quando io sono entrato nel mondo della scuola a 26 anni.
Risolto questo problema - enorme - il professore è convinto "che la scuola non sia poi così male come la descrivono. Ci stanno però mettendo nelle condizioni di peggiorarla sempre di più. Siamo sempre gli stessi, aumentano l'età pensionabile per cui non lasceremo posti ai nuovi se non dopo molto tempo. Ci chiedono di lavorare di più a scuola, quando da noi non ci sono nemmeno le strutture. Mia moglie, insegnante, ha fatto uno scambio con la Finlandia: lì gli insegnanti hanno il loro ufficio, il loro computer. Qui non abbiamo nulla. Nonostante questo la scuola ha sempre una funzione a mio avviso: resta un punto di riferimento. Ma va tutelata. Il mondo della scuola non può essere un mondo di vecchi".
Twitter @ChiaraMaff