I conti salati della decontaminazione, i seri problemi legati al funzionamento centrali. In Giappone e Corea del Sud il nucleare non cessa di far discutere e senza dubbio non per i suoi presunti "effetti benefici".

La compagnia nipponica responsabile dell'ormai tristemente famosa centrale di Fukushima ha reso noto che i costi complessivi per la bonifica dell'area, altamente inquinata, hanno raggiunto i 100 miliardi di euro. Ben oltre le cifre preventivate in un primo momento, che non avrebbero dovuto superare i 60-70 miliardi. Metà dell'importo sarà a carico del governo di Tokyo.

Nel frattempo a poche centinaia di chilometri dalle coste giapponese, in Corea del Sud, nell'arco di soli due giorni le autorità locali si sono viste costrette a fermare tre reattori nucleari. Uno nella centrale di Shigori, a Busan, avviato il 28 febbraio 2011, altri due reattori in quella di Yeonggwang.  L'esecutivo di Seoul ha avvertito la popolazione che questo comporterà "blackout senza precedenti".

Il ministro sudcoreano della tecnologia, Hong Suk-Woo, ha detto che  i reattori della centrale nucleare di Yeonggwang, che sorge nella provincia meridionale di Jeolla, "potrebbero restare fermi fino a gennaio in attesa di sostituire ben 5mila componenti che non sono stati appropriatamente testati", ma ha escluso che ci siano pericoli.

Per queste migliaia di componenti non testati, fusibili, ventole di raffreddamento, e commutatori di potenza e altro, definiti "estranei ai reattori", era stata fornita una falsa certificazione.

La Corea del sud è uno dei Paesi più dipendenti dall'energia atomica: attualmente nel Paese asiatico sono in funzione 23 reattori nucleari che forniscono circa il 30 per cento del consumo totale di energia elettrica. Le rivelazioni sulla vera e propria colossale truffa delle attrezzature nucleari potrebbe diventare un grosso problema per la costruzione di altri 16 reattori previsti entro il 2030.

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