Il premier inglese è in visita in Giordania. Il Papa: «Fare tutto il possibile». E i ribelli attaccano il palazzo di Assad.
La diplomazia internazionale, nel giorno della riconferma di Barack Obama alla presidenza degli Usa, è alle prese con il probema siriano. In visita ufficiale in Giordania, il premier britannico David Cameron ha voluto rendere omaggio alle vittime della tragedia in Siria visitando il campo profughi di Zaatari, nel deserto settentrionale del regno hashemita, dove circa 36.000 civili siriani fuggiti dalle violenze che infuriano in patria vivono in tende e roulotte.
GLI AIUTI- Nel frattempo dal numero 10 di Downing Street è venuto l'annuncio secondo cui il Regno Unito ha autorizzato l'apertura di colloqui formali con i ribelli che si battono contro il regime di Bashar al-Assad, rappresentanti militari compresi: anche se un portavoce ha precisato che l'iniziativa è tesa a instaurare un dialogo di natura politica, in grado di contribuire a porre fine al conflitto, senza alcuna concessione in termini di forniture di armi. Cameron ha chiesto Obama di mettere al primo posto delle priorità di politica estera la Siria: «Voglio discutere con Obama su cosa dobbiamo fare di più per risolvere questa crisi». La Gran Bretagna ha inoltre deciso di aumentare gli aiuti umanitari ai rifugiati siriani di 14 milioni di sterline, pari in euro a 17 milioni e mezzo, portandone così il totale a 50 milioni di sterline, oltre 62 milioni di euro.
DAL VATICANO - Nel frattempo, il Papa ha inviato in Libano il cardinale Robert Sarah per una missione tesa a manifestare la propria solidarietà alla Siria e incontrare i siriani presenti nel paese. Sarah ha fatto sapere il portavoce vaticano e direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, «porta in Siria un'offerta di un milione di dollari che consegnerà nel corso della missione affidatagli dal Papa. Da Città del Vaticano, invece, Benedetto XVI ha pronunciato un chiaro appello di pace: «Dobbiamo fare tutto il possibile perché un giorno potrebbe essere troppo tardi». Intanto i ribelli siriani hanno sparato colpi di mortaio contro il palazzo del presidente Assd a Damasco, ma lo hanno mancato, in un attacco che sottolinea la crescente audacia delle forze che combattono per mettere fine ai 42 anni di potere della sua famiglia.
Redazione Online