di Maria Serena Natale

"La politica? Chi ci crede più". Due ragazzi sistemano su una panchina una fila di bicchieri di plastica trasparente che continuano a riempire e svuotare d'acqua. Il terzo riprende la scena con una macchina digitale. Il vento devia la traiettoria dell'acqua, un bicchiere cade. "È un film sull'amore" spiega il più giovane, 18 anni, studente di Legge; mi mostra le foto dei murales che ha realizzato sulle facciate di vecchi palazzi tra Kiev e Odessa, a Sud. Demoni spaventosi e ammiccanti, scritte in cirillico, cascate di colore.

"Qui la gente è rassegnata e non ci facciamo illusioni, non si cambia dall'oggi al domani senza un progetto politico e leader onesti. Ma quando coloriamo una parete grigia e costringiamo le persone ad alzare lo sguardo anche solo per un momento, a fermarsi davanti a un disegno, a uno scherzo, a una domanda? sentiamo di aver lasciato una traccia, abbiamo cambiato qualcosa".

Un mattino a Kiev, 4 gradi, i ragazzi si passano una bottiglia di grappa scura per scaldarsi. Fanno parte del collettivo di street artist Jerome Vodnev, li incontro nella capitale ucraina dove sto seguendo la fase post-elettorale.

Domenica 28 ottobre si votava per il rinnovo del Parlamento, ora il partito del presidente Viktor Yanukovich proclama la vittoria, l'opposizione guidata dal carcere da Yulia Tymoshenko, l'eroina della Rivoluzione arancione del 2004, denuncia brogli e violazioni. Per l'Osce le elezioni sono state "un passo indietro nel processo democratico". Astensionismo record: quasi un elettore su due è rimasto a casa. Giovani come i tre filmmaker graffitari partecipano al clima generale di sfiducia in una politica corrotta e famelica. "L'economia è a terra, l'Europa ci chiude le porte e i partiti pensano solo a farsi la guerra" mi dicono.

Una parete grigia che si anima è il cambiamento per questi artisti di strada nati dopo il crollo dell'Unione Sovietica e cresciuti in piena transizione. I loro demoni hanno la forza dirompente dell'arte che fiorisce nel sottobosco delle società repressive e sotto i regimi.

Nella Cecoslovacchia comunista uno dei fatti che innescarono il meccanismo poi sfociato nella Rivoluzione di velluto fu il processo alla rock band dei Plastic People of the Universe. Un drammaturgo sarebbe poi diventato presidente, Václav Havel. Nel 2009 il bellissimo film del regista iraniano Bahman Ghobadi "I gatti persiani" ci ha raccontato la storia tragica di Ashkan e Negar, i due ragazzi che volevano fare rock a Teheran. Il film era stato girato senz'autorizzazione. In Russia la recente protesta del gruppo punk femminista Pussy Riot è diventata un caso internazionale e potrebbe rivelarsi un boomerang per il Cremlino.

Le società cambiano con processi complessi che inglobano fenomeni storici ed economici. Ma nessuna repressione potrà mai sopprimere le energie e la voglia di cambiamento dei giovani. Creatività e cultura sono i canali universali che permettono a queste energie di fluire, scuotere, erodere, travolgere.

Con le loro bombolette spray, ce lo ricordano i ragazzi di Kiev sotto il cielo pesante di questo Paese sospeso tra l'abbraccio soffocante di Mosca e le eterne promesse dell'Europa.

E noi? Che ne è della nostra energia? Come la esprimiamo? Sappiamo liberarla e lasciarla correre? Quali strumenti abbiamo, in tempi di disillusione e distacco dalla politica, per incanalare la voglia di cambiamento?

msnatale@corriere.it

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