Nel mese di settembre, una delegazione di Save the Children ha preso parte all'inaugurazione della scuola di Rripa nel nord dell'Albania, ristrutturata con i fondi dell'associazione. Grazie a questo viaggio è stato anche possibile visitare alcuni dei centri per ragazzi di strada nella capitale del paese. Ecco il diario di Francesca Ursaia, una dei membri della delegazione ufficiale presente in Albania.
La prima impressione arrivando in Albania è di non aver cambiato paese: stesse campagne, stesse periferie, insegne luminose, scritte in italiano. Stesso mare.
Gli albanesi sono un popolo giovane, ma provato dal passato politico difficile e dalla guerra che ha lasciato tanta povertà, corruzione, disagi sociali, insicurezza generale. Nonostante questo, strizzano l'occhio ai paesi industrializzati, soprattutto al nostro, così vicino, così familiare, che amano di un amore non sempre corrisposto, "tragico", come diceva un famoso poeta locale.
Save the Children Italia inaugura la scuola di Rripa, a nord del paese
Egla, Elna, Aureli, Gersi, Erindo ci accolgono con il sorriso nelle loro povere case. Le loro famiglie non hanno niente, vivono tutti in una sola stanza, dormono insieme sui tappeti o un vecchio divano, quando c'è, senza bagni né acqua corrente in casa, cucinando all'esterno e riscaldandosi grazie all'unico camino. Qualcuno ha un orto, qualcun altro una mucca, la cui vita è intrecciata a doppio filo con quella della famiglia. Molti papà hanno tentato la fortuna in paesi come il nostro, ma sono tornati a casa con pochi soldi e senza un lavoro.
A Rripa, villaggio rurale a circa 3 ore a nord di Tirana, non è facile essere bambini. Tanti di loro sono costretti ad abbandonare gli studi per lavorare e aiutare i genitori ad andare avanti.
Save the Children, presente sul territorio da oltre 10 anni, conosce questi bimbi da quando sono nati. In questo sobborgo di campagna, prima tappa della nostra visita, usano ancora il baratto in mancanza di denaro per scambiare le poche cose che possiedono. La maggior parte delle famiglie non ha nemmeno l'acqua corrente. Eppure basterebbero 600 ? per costruire 6 pompe idriche per fornire acqua potabile ad altrettante famiglie. Zone come queste sono davvero a rischio, non offrono opportunità, sono isolate, sia dal punto di vista geografico che economico.
L'istruzione è la sola possibilità per i bambini di qui, disposti a camminare oltre un'ora nella terra o nel fango ogni mattina per seguire le lezioni e avere un pasto caldo. Veniamo accolti con solennità ed entusiasmo dalle famiglie, dal sindaco, dal vice-ministro. Siamo qui per inaugurare la scuola pubblica appena ristrutturata e il nuovo asilo, che ospiteranno ben 180 alunni dai 3 ai 15 anni. Oltre ai materiali scolastici, i libri, i mobili, i banchi, le lavagne e i giochi, continueremo a garantire un pasto al giorno agli studenti, ad accompagnarli a far le visite mediche e i vaccini necessari, a formare gli insegnanti sul metodo inclusivo e partecipativo, sensibilizzandoli contro le punizioni corporali.
Le famiglie del luogo sono in festa, la
scuola offre lavoro agli adulti, ma soprattutto un presente più sano e un futuro migliore per i propri figli. La loro ospitalità sincera, la loro accoglienza calda ed emozionata all'interno delle case, ce lo confermano. E infine ci riempie di orgoglio vedere una delle bambine più piccole che scrive in albanese dentro un cuore rosso: "Egla ama Save the Children".
I centri diurni per bambini di strada e i campi Rom
Seconda tappa del nostro viaggio sono stati i centri finanziati da Save the Children nella città di Tirana. Il primo centro in cui entriamo, lo
"Street Children Center", si trova in piena città. Qui i nostri colleghi albanesi si occupano di accogliere i bambini di strada, soprattutto rom, nelle ore del giorno. La situazione dei rom albanesi è particolarmente tragica, sono poveri tra i poveri, discriminati e isolati dal resto della società.
Decidiamo di visitare uno dei campi dove tornano alla sera i bambini di strada, fatto di baracche di lamiera, terra e sporcizia. Non è un caso isolato di degrado urbano nella municipalità di Tirana. Nelle numerose baraccopoli vivono migliaia di famiglie, i cui bambini sono abituati a lavorare in strada, esposti alla violenza, alle malattie e agli abusi sia domestici che esterni.
Ci accolgono bimbi sorridenti, curiosi, con lo sguardo adulto. I
nostri mediatori culturali, psicologi e assistenti sociali delle Unità di Strada rastrellano quotidianamente la città per entrare in contatto con i bambini a rischio, per identificarli, curarli e vaccinarli, aiutarli nelle rispettive situazioni familiari e nell'inserimento scolastico. Anche registrarli all'anagrafe è fondamentale, perché un bambino che giuridicamente non esiste è doppiamente a rischio di tratta, sfruttamento e abusi.
Il secondo grande centro che visitiamo si trova nella periferia di Tirana, nel quartiere di Kinostudio (64.000 abitanti di cui 500 famiglie rom ed egizie), dove lavoriamo ormai da 10 anni insieme all'associazione partner Femijet e Botes Shqiperi (FBSH) per contenere il fenomeno dei bambini di strada e far fronte ai disagi sociali delle famiglie. Save the Children offre un luogo alternativo alla strada dove i bambini di tutte le età possano lavarsi, mangiare, giocare, si preparino all'inserimento scolastico, imparino a leggere e scrivere, siano seguiti nei compiti, si avvicinino alla musica e al disegno. Affianchiamo i ragazzi più grandi, che non hanno mai frequentato la scuola, con un servizio di alfabetizzazione e formazione professionale. Inoltre gestiamo l'attività di consulenza legale, sanitaria, psicologica per le mamme in gravidanza o con bambini piccoli, affiancando i genitori, soprattutto minorenni, nelle scelte di pianificazione familiare.
Dietro i numeri
Nel salutare i bambini, le famiglie, i colleghi albanesi, ci accorgiamo di quante persone abbiamo conosciuto, quante storie ascoltato. Quanta familiarità si è creata in pochi giorni?
Eravamo venuti per un evento ufficiale, l'inaugurazione della scuola di Rripa, ma ci rimangono soprattutto l'accoglienza calda delle famiglie di agricoltori del nord, che ci offrono da mangiare, privandosi del poco cibo che hanno; i visi provati ma sorridenti dei bambini del campo rom; gli occhi grandi degli adolescenti del centro diurno che si esibiscono per noi in alcuni passi di break dance; l'allegria e la professionalità dei nostri colleghi di Tirana.
Dietro i numeri raggiunti, i traguardi ambiziosi che ci siamo posti, le attività concrete che portiamo avanti, ci sono dei visi, delle storie, dei nomi. Alcuni di questi ora li conosciamo, contano su di noi. Altri arriveremo a conoscerli, grazie ai nostri numerosi donatori, il cui aiuto, piccolo o grande che sia, non solo fa la differenza, ma crea dei legami duraturi, delle possibilità di sviluppo.
Non a caso la parola "amicizia" e la parola "cooperazione" sono spesso legate tra loro. I bambini albanesi hanno bisogno di riacquistare fiducia nel futuro, negli altri. Tutti insieme, possiamo fargli sentire che ci siamo.