di Antonio Capitano
In tempi difficili, in cui la crisi costringe a riesaminare la scala delle importanze, è il momento di riconsegnare alla cultura il posto di prim'ordine che merita. In questo ambito risiedono infatti i semi della rinascita, che deve essere però coltivata con sapienza e con la collaorazione di tutte le parti sociali.
"Mettiamo dunque sul tappeto questa domanda: l'alto orizzonte di diritti che la nostra Costituzione consegna ai cittadini è compatibile con le (vere o false) costrizioni dell'economia? E se non lo è, come si risolve il contrasto, archiviando la Costituzione o agendo sull'economia e sulla politica?"
Questa frase importante di Salvatore Settis ci fa ben capire che ci sono degli eventi che arrivano al momento giusto, quando l'attenzione dell'opinione pubblica è rivolta su altre materie considerate da sempre più importanti. Ma spesso le cose più importanti sono quelle che danno ancora un senso a questo nostro Paese che più passa il tempo e più sta franando sotto i colpi di una patologica inerzia che infligge il colpo di grazia su queste precarie fondamenta.
Ecco perché la cultura, in tutte le sue forme (anche di gestione), rappresenta l'ancora di salvataggio per tutti noi. Specialmente nei momenti di crisi. Essa è come una scialuppa che porta a riva, che ci riporta ad una dimensione più coerente con la nostra Storia.
Questa breve premessa permette di introdurre il prossimo convegno MADE IN ITALY E IL CAPITALE CULTURALE a cura de Il Sole 24 Ore nell'ambito di Florens 2012 e previsto per il prossimo 3 novembre a Firenze. Gli organizzatori evidenziano che Il termine cultura, nel suo significato più ampio, abbraccia numerosi ambiti: cultura è letteratura, moda, gastronomia, design, archeologia, paesaggio.
Valorizzare un bene culturale significa allora valorizzare singole identità del Made in Italy, ognuna delle quali rappresenta un asset strategico e competitivo per la crescita dell'economia nazionale. Il dibattito sulla valorizzazione del patrimonio culturale italiano sarà al centro dell'evento che analizzerà, attraverso eccellenti testimonianze provenienti dal mondo istituzionale, accademico, associativo e industriale, il binomio economia e cultura, il legame tra cultura e impresa e le politiche che istituzioni e imprenditoria privata stanno attuando per gestire il governo dei beni culturali in una logica di sistema.
Il convegno si prospetta davvero di altissimo livello, sia per la qualità dei relatori, sia per le tematiche oggetto della giornata, quali il punto della situazione sul "Manifesto per una costituente della Cultura: obiettivi e risultati" e le "Tavole rotonde sulla governance dei beni culturali: ruolo delle istituzioni per un settore strategico dell'economia nazionale" e sulla "Valorizzazione del capitale culturale" con riferimento alle eccellenze del Made in Italy che fanno sistema. L'incontro, dunque, almeno nelle premesse, intende offrire una panoramica immediata dello stato dell'arte e lo fa attraverso un programma dinamico, quasi a voler scardinare l'immobilismo spesso "borbonico" di modelli di gestione che debbono essere totalmente oggetto di una adeguata reingegnerizzazione del sistema al fine di dare moderna veste alla materia, di strutturale importanza per la nazione, e per una "new economy" culturale che produca effettivo sviluppo e benessere.
Abbiamo appurato che la cultura non è un lusso, ma una necessità. E' necessaria perché ci consente di essere liberi abbracciando tutto il sistema delle arti. Il pensiero corre subito alla particolare intervista di Fazio al genio Dudamel. Fare musica in quel modo non mette in moto soltanto una serie di strumenti, ma permette a chi suona uno strumento di sentirsi parte di un "sistema" in cui uno spartito diviene passato e presente. Respira di storia ma anche di attualità. Un connubio necessario per la cultura che attinge risorse da se stessa e le reinveste su se stessa. La cultura ha la capacità di auto rigenerarsi perché ha una forza propria, ha un capitale che può aumentare con un azionariato del tutto speciale. L'azionariato che porta al contributo di ciascuno per lo sviluppo della comunità. Ecco perché la cultura è un modello da seguire.
Nel patrimonio artistico e culturale vi è l'anima dell'umanità stessa che la storia vi ha profuso. Vi è una sacralità che appartiene ai luoghi come spazio in cui trova dimensione il presente, ma anche come dimensione parallela ed eternamente presente del passato, un passato che è memoria e in quanto tale è identità ed è senso civico di appartenenza.
Spiegare un quadro nelle scuole, capire una tecnica, comprenderne il contesto storico. E poi conoscere un paesaggio, difenderlo e tutelarlo, capire fino in fondo la scelta dei nostri costituenti di mettere tra i principi fondamentali un enunciato di difesa.
"Difesa": il termine che oggi più che mai è necessario. Difendere ciò che abbiamo, ciò che è nostro, ciò che ci è stato donato. L'Italia ha davvero questo petrolio oggetto di mille convegni e approfondimenti, petrolio pulito che non inquina, carburante dell'anima, energia delle emozioni.
Cultura quale laboratorio costante e cantiere sempre aperto. Una costruzione alla quale possono partecipare tutti, perché quando la cultura diviene elitaria allora non può più chiamarsi cultura ma chiusura, poichè non permette di far crescere e di nobilitare un paese o una comunità.
Ecco l'importanza di conservare la memoria di una identità, che è allo stesso tempo personale ed universale, visione che appartiene a tutti ed in quanto tale il patrimonio artistico e culturale è stato riconosciuto, da sempre, come bene comune e della comunità, come bene pubblico nonostante il costante e annuale dibattito conflittuale tra demanio pubblico e privato. E' indubbio ormai che il patrimonio artistico-culturale, oltre che paesaggistico, è una fonte di investimento economico che se potesse realmente essere sistematizzata ed inserita in un circuito economico, porterebbe alla produzione di un rendimento utile al patrimonio stesso, sia in termini di conservazione sia in termini di risorse reinvestibili in prospettive lavorative ed artistico- culturali nuove, e non solo nella logica del revival di un passato che torna. L'attenzione va posta a quelle emergenze naturalistico- paesaggistiche che richiedono un intervento immediato e mirato, volto alla tutela e alla messa in sicurezza dei siti archeologici e di tutte quelle aree di pregio artistico ed architettonico che sono a "rischio estinzione" in Italia.
L'Italia stessa è un patrimonio da tutelare, un percorso vivo di arte e storie che si ritrae nell'aspetto urbanistico, nella storia civile, nelle peculiarità geografiche fisiche e politiche oltre che culturali e antropologiche. L'Italia costituisce con le sue "rovine". con i suoi "scavi", con i suoi borghi, le sue "vedute" e i suoi "panorami" un museo a cielo aperto di molteplici civiltà storiche e antropologiche nel crogiolo fluido di geni di creatività che hanno influito nella cultura e che continuamente incidono nel patrimonio di una umanità che si ricongiunge all'umanità globale rivitalizzandosi e riformulandosi nella cultura.
Il patrimonio artistico rappresenta anche un ponte tra il gruppo e l'individuo, un ponte che ravvicina le culture, che le riflette o le proietta come attraverso una lente su altri orizzonti. La capacità di un'opera d'arte è quella di creare un "decodificatore" intellettuale di emozioni capace di codificare simboli, di introiettare significati e di trasformarli entro coscienze diverse da quelle originarie dell'artista che ha realizzato l'opera e da quelle di un altro osservatore e della sua emotività. Il patrimonio culturale è un linguaggio completo e immediato, l'immagine allegorica della conoscenza che si compie in una ricerca continua di esistenza e di immanenza, un linguaggio metaforico e meta- cognitivo dell'esperienza umana. Non si può prescindere da questa ricchezza, non si può lasciare indifeso questo patrimonio, né si può permettere di dilapidarlo o confinarlo nei meandri di una burocrazia che è incapace di infondere dinamicità al sistema tutela e di reinvestire.
Nel grande "cantiere" della cultura, che vive ed elabora progetti sempre nuovi di ponti realizzabili e percorribili tra passato, presente e futuro, deve trovare spazio e tempo quel patrimonio artistico che è riconoscimento di sé nell'universale umanità, segno indelebile di una "immortalità intermittente" e di un bene rifugio dal valore costante per chi sceglie il capitale culturale quale investimento sicuro.