di Chiara Maffioletti
L'altro giorno ho assistito a un dibattito televisivo che, per una volta, ha posto degli interrogativi che mi sembravano molto interessanti. Il titolo della puntata di «Roma InConTra - Ara Pacis», così si chiama il programma, era: «Non siamo un Paese per giovani» (ecco il link del dibattito http://www.youtube.com/watch?v=9igv6x9rOiA).
Queste le premesse:
I giovani per la prima volta hanno aspettative inferiori a quelle dei propri genitori. Se la disoccupazione giovanile - circa il 35% (!) dei ragazzi è disoccupato ? è 3 volte quella senior, significa che il peso di anni politica dissennata cade soprattutto sui giovani e un Paese così va ripensato da cima a fondo.
Sarebbe dunque questa la colpa che dobbiamo scontare? Quella di nascere con un debito pubblico che ci tormenta in partenza? Alessandro Rosina, professore associato di Demografia nella Facoltà di Economia dell'Università Cattolica di Milano, ha spiegato meglio il concetto:
I giovani nascono con questo debito pubblico: se lo trovano già sulle spalle, non se lo sono voluto. E questo debito vincola le loro possibilità. Inoltre, l'investimento nel settore della ricerca e dello sviluppo è molto maggiore negli altri Paesi rispetto all'Italia: significa che diamo meno opportunità ai nostri giovani. E ancora, il welfare che aiuta a metterti in gioco presto e a non dipendere dai tuoi genitori da noi non c'è, questi strumenti non ci sono.
Una verità che chissà quanti di voi potete testimoniare, no? Eppure, seduto su una delle poltrone del programma c'era anche Cesare Romiti, presidente fondazione Italia Cina. Da lui è partito un appello ai giovani: "Fate pacificamente la rivoluzione. I giovani non possono stare fermi e aspettare? aspettare che cosa? Che le cose cambiano? Voglio dire ai giovani che io alla fine della guerra ero un ragazzo e l'Italia era entrata in guerra essendo un paese agricolo, povero, ed è uscita completamente distrutto. C'era il vuoto davanti a noi. In dieci, 12 anni è riuscita a entrare nelle prime 10 nazioni industrializzate del mondo. E cosa scrissero? Che era stato un "miracolo economico". No erano stati gli uomini".
Ma quale è la visione del viceministro al Welfare Michel Martone, colui che avventatamente aveva usato il termine "sfigati" associati ai giovani (che si laureano in ritardo)?
Tutti i problemi che stanno travolgendo, una, anzi due generazioni di ragazzi italiani, sono nell'idea che è dietro al Grande Fratello: basta uno spot per arrivare a un risultato. Dobbiamo risolvere i problemi del terzo debito pubblico del mondo, che è il nostro: è la cosa più antisociale in assoluto. Il tema è quello del debito che drena le risorse per prendersi cura dei deboli. Io invece ai giovani vorrei dare una cosa: le opportunità. Se c'è una cosa che questo debito ha risucchiato ai giovani è l'opportunità. Se fai un'impresa oggi è più difficile rispetto a 50 anni fa.
Inoltre, il viceministro ha aggiunto che non è solo il problema, enorme, del debito pubblico. Ma anche di quello che i politici hanno fatto con quei soldi: in molti casi erano solo sprechi.
Eppure, oltre al debito, che è un problema vero, concreto, non siete anche voi dell'avviso che la questione più fondamentale sia riuscire a scardinare il sistema di corporazioni, caste e conoscenze che sembra essere se non l'unico, il principale sistema per avere - appunto - delle opportunità in questo Paese?
Diteci la vostra.
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