di Lucio Caracciolo
RUBRICA IL PUNTO La famosa domanda di Kissinger trova finalmente una risposta. Speriamo che il premio serva a riaprire il dibattito sulle ragioni che ci uniscono o ci dividono quando parliamo di Europa. Nelle motivazioni, un elogio ai Pigs e un appello alla pacificazione dei Balcani.
Finalmente avremo la risposta alla celebre domanda di Henry Kissinger: "qual è il numero di telefono dell'Europa?".
Quando il rappresentante (Barroso? Van Rompuy? Il presidente di turno? E che fare della baronessa Ashton?) dell'Unione Europea andrà a rititrare il premio Nobel per la pace appena assegnatogli dal Comitato di Oslo, avremo definito una questione che ci trasciniamo dalla nascita del progetto comunitario, ossia chi ne sia il titolare.
Risolta questa curiosità, l'assegnazione del premio Nobel per la pace all'Unione Europea sarà anche un'utile occasione per riflettere sul senso di questa nostra impresa. La crisi economica e finanziaria ci ha fatto dimenticare la ragione di fondo per la quale sei paesi firmarono a Roma, nel 1957, il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea: la pace.
È interessante osservare che la dichiarazione di Thorbjørn Jagland, presidente del Comitato per il Nobel, inizia evocando la riconciliazione tra Francia e Germania. Questo era il cuore geopolitico del progetto comunitario, questo resta ancora oggi l'aspetto strategico più rilevante dell'assetto europeo.
Ai molti paradossi che segnano la storia dell'Unione Europea, se ne è così aggiunto oggi un altro: l'assegnazione del premio Nobel nella capitale di un grande paese europeo che si è rifiutato per referendum di aderire all'Ue.
È anche notevole che nella motivazione si faccia riferimento all'integrazione di Spagna, Portogallo e Grecia dopo il collasso dei rispettivi regimi autoritari. Un curioso elogio ai Pigs.
Infine, in un tentativo di proiettare in avanti gli effetti di pace e riconciliazione già ottenuti all'interno dell'attuale assetto geopolitico comunitario, il comitato indica nei Balcani il futuro terreno di coltura della vocazione pacificatrice europea.
Sarà naturalmente la storia a stabilire quanto fondata sia l'assegnazione del premio Nobel all'Unione Europea.
Speriamo comunque che questo meritato premio possa offrire finalmente occasione non solo per celebrazioni ma soprattutto per dibattere le ragioni di fondo che ci uniscono o ci dividono quando parliamo di Europa.