Domani inizieranno a Oslo dei nuovi colloqui di pace, nel tentativo di mettere fine a una guerra che va avanti da cinquant'anni
Domani, giovedì 18 ottobre, una delegazione del governo della Colombia e un gruppo di rappresentanti delle FARC, l'organizzazione militare che punta a instaurare uno stato marxista in Colombia, daranno inizio a dei nuovi colloqui di pace, nel tentativo di porre fine a un conflitto armato che dura da cinquant'anni. I negoziati si svolgeranno in una località segreta nei pressi di Oslo, in Norvegia, e saranno mediati da rappresentanti dei governi di Norvegia, Venezuela, Cuba e Cile.
La delegazione della Colombia è guidata dall'ex vicepresidente Humberto de la Calle, che prima di salire sull'aereo che da Bogotà lo avrebbe portato a Oslo si è definito «moderatamente ottimista» sul risultato dei colloqui. Tra i rappresentanti delle FARC ci sono Iván Márquez, la seconda figura più importante dell'organizzazione dopo il capo Timochenko, e Rodrigo Granda, considerato una sorta di "ministro degli Esteri". Il governo colombiano ha chiesto all'Interpol di sospendere gli ordini di cattura internazionale contro i negoziatori delle FARC, così che potessero spostarsi in Norvegia senza il rischio di essere arrestati. De la Calle ha chiesto ai giornalisti di avere pazienza, discrezione e comprensione: «Vogliamo un percorso serio, sereno e tranquillo», ha detto. «Abbiamo stretto un accordo con le FARC su come informare la stampa: lo faremo a tempo debito in modo opportuno e ragionevole».
Oggi le delegazioni appariranno insieme di fronte alla stampa per rendere ufficiale l'inizio dei colloqui, annunciati alla fine di agosto. È la terza volta che il governo e i ribelli iniziano una trattativa, e i tentativi passati fin qui non sono mai arrivati da nessuna parte. L'ultimo risale al 2002, durante la presidenza di Andrés Pastrana, che aveva concesso all'organizzazione una zona demilitarizzata di 42 mila chilometri. Le FARC però avevano lanciato una serie di attacchi per rafforzare la loro posizione e a quel punto Pastrano si era ritirato dal negoziato. Per evitare che possano accadere di nuovo cose del genere, l'attuale presidente colombiano Juan Manuel Santos ha detto che non firmerà nessun cessate il fuoco alle FARC fino a quando non sarà concluso un accordo di pace definitivo, e ha promesso che metterà immediatamente fine ai negoziati se dovesse rendersi conto che i guerriglieri stanno solo prendendo tempo.
Santos si è detto comunque fiducioso e ha raccontato alla CNN che confidava in un negoziato da quando nel 2011 era stato ucciso il precedente leader delle FARC, Alfonso Cano, cosa che aveva notevolmente indebolito l'organizzazione. Santos ha spiegato che le FARC hanno il diritto di partecipare al processo politico: «Non puoi limitarti a chiedere alle FARC di arrendersi e di consegnarci le armi. Non lo faranno, quindi ci dev'essere una via di uscita: devono poter partecipare alla competizione politica. Questo è il modo in cui un conflitto viene risolto, e non solo in Colombia». La seconda fase dei colloqui proseguirà all'Avana, a Cuba. Secondo gli analisti saranno comunque necessari parecchi mesi per stipulare una pace definitiva.
Le FARC sono nate nel 1964 per rovesciare il governo colombiano e instaurare uno stato marxista e anti-imperialista. Si presentano come i difensori dei ceti agricoli più poveri, sfruttati e sottomessi dalla borghesia arricchita e dalle multinazionali. Il numero preciso dei guerriglieri delle FARC non è noto: nel 2007 dissero di avere 18 mila uomini, secondo le ultime stime potrebbero essere a 8 mila, dopo la repressione dell'ex presidente colombiano Alvaro Uribe e la morte di Cano. Si finanziano soprattutto attraverso i pagamenti dei numerosi riscatti (il più famoso è quello di Ingrid Betancourt) e col traffico illegale di droga. Al momento controllano una vasta zona di circa 500 mila chilometri quadrati nel sud-est della Colombia, che si estende dalle Ande alla giungla.