La legislazione italiana in materia concorsuale, prevedendo la clausola di cittadinanza italiana o comunitaria, appare in contrasto con norme di rango anche sopranazionale che prevedono il principio della parità di trattamento in materia di accesso all'impiego, con l'unica eccezione di quelle situazioni che implichino l'esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero attengano alla tutela dell'interesse nazionale (art. 2 c. 3 del T.U. imm. facente riferimento alla Convenzione OIL n. 143/1975, ma anche l'art. 11 della direttiva n. 109/2003/CE sui lungo soggiornanti). In particolare il Testo Unico immigrazione (art. 27) e le sue norme regolamentari applicative (art. 40 c. 21 d.P.R. n. 394/99), hanno previsto una speciale condizione per gli infermieri extracomunitari autorizzati all'ingresso per svolgere tale attività professionale, con la possibilità espressamente prevista di assunzione presso "strutture sanitarie pubbliche e private [?] anche a tempo indeterminato".
Ne consegue, che tale specifica normativa ha comportato senza dubbio una deroga alle norme che richiedono il requisito della cittadinanza, e alla luce di tale deroga deve essere letta ed interpretata la clausola di apertura di cui all'art. 2 del Regolamento n. 220/2001, nel fare "salve le equiparazioni stabilite dalle leggi vigenti". Tale clausola deve essere letta ed interpretata come un'apertura alla partecipazione degli infermieri extracomunitari regolarmente soggiornanti ai concorsi pubblici per le assunzioni nel pubblico impiego, a tempo indeterminato così come temporaneo, in condizioni di parità di trattamento con i colleghi italiani o di Paesi membri dell'UE. Lo stesso dicasi per gli infermieri extracomunitari titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 286/98 o della carta di soggiorno, in quanto famigliari di cittadini italiani o di Paesi membri dell'UE.
In tal senso anche l'Unar, L'Ufficio Nazionale contro le discriminazioni, quando ha ricevuto segnalazioni da parte dell'Asgi, su concorsi che non ammettevano la partecipazione di infermieri stranieri, ha dichiarato che condivideva l'interpretazione dell'Associazione laddove si riteneva illegittima l'esclusione degli infermieri extracomunitari dall'accesso al lavoro presso le pubbliche amministrazioni. Secondo l'Unar, tale interpretazione favorevole all'accesso degli infermieri extracomunitari ai rapporti di pubblico impiego trova fondamento innanzitutto sulle norme specifiche che riguardano tale categoria professionale (art. 27 lett. r bis del T.U.I. e relativo art. 40 d.P.R. n. 394/99) e, più in generale, su altre norme, a valenza generale o riferite a specifiche categorie di stranieri di Paesi terzi non membri dell'UE, che dimostrano il progressivo affievolimento, in relazione agli impieghi pubblici che non comportano l'esercizio di poteri pubblici, del requisito della cittadinanza .
In conclusione, l'Asgi auspica che gli enti pubblici ammettano al concorso pubblico segnalato gli infermieri di cittadinanza extracomunitaria che ne fanno richiesta, equiparandoli a quelli italiani o di altri Paesi membri dell'Unione europea.
Asgi