La twikiconference fa il pieno. domani tocca al convegno.

Obiettivo raggiunto. Esperimento riuscito. Segnale inviato. La Twikiconference di ieri sul "Giornalismo social? Parola a Twitter", organizzata dall'Ordine dei giornalisti della Lombardia ed ETicaNews come evento di pre-apertura del convegno "Ping Pong tra carta e rete" che si terrà domani nell'aula magna dell'Università Statale, è andata oltre le previsioni. C'era il timore di un evento troppo ambizioso, troppo coraggioso. Viceversa, è stato un magnifico caos. Una pioggia di tweet. Ma, soprattutto, una sequenza di interventi ricchi di voglia di ragionare, di provocare, talvolta anche di picchiare duro. Soprattutto, ricchi della voglia di trovare una risposta a quella che, evidentemente, è in maniera diffusa e profonda percepita come "la" sfida della professione: il rapporto con il mondo "social", dal punto di vista etico, deontologico e della sostenibilità.

Dal caos, insomma, è emerso un segnale di grande vitalità, di cui il convegno di domani, nel corso del quale sarà presentata la ricerca di Enrico Finzi sui nuovi equilibri tra news online e offline, dovrà tenere conto. Un segnale che è andato oltre l'ora di twikiconference, dalle 12 alle 13, con gestione di ETicaNews dalle sale della scuola di giornalismo Walter Tobagi (dove i ragazzi hanno risposto con entusiasmo), e che ha visto alcuni dei relatori proseguire scambi di opinioni a pomeriggio inoltrato. Al tavolo virtuale si sono seduti professionisti che non hanno lesinato entusiasmo (li elenchiamo sotto, in ordine alfabetico, cogliendo l'occasione per un ringraziamento sincero che ieri abbiamo mancato in diretta per ragioni organizzative) e capacità di confronto: sono state molteplici le conversazioni con i partecipanti, anche quando piuttosto scomode.

Pretendere di ottenere una sintesi compiuta della twikiconference appare fuorviante. In primo luogo, per i numeri. È possibile avere una idea scorrendo la Storify che raccoglie 250 tweet significativi dell'ora in cui "ufficialmente" si è tenuta la conference. Tuttavia, il flusso è stato assai maggiore. Complessivamente, secondo i dati di Tweet Archivist sull'hashtag #TwikiOdg, nella giornata di ieri fino alle 22, ci sono stati 636 tweet. È possibile osservare l'andamento dei volumi, la scomposizione per fonte (web, tweetdeck, smart phone) e addirittura la classifica di chi ha twittato di più. L'impennata dei tweet è stata nell'ora programmata, ma anche nelle due ore successive: i grafici su Toptrend (per gli hashtag #TwikiOdg  e #Twikiodg) e le rilevazioni di Tendenze Italia hanno indicato che in quella fase della giornata l'hashtag della twikiconference è stato quello con più seguito in Italia.

L'altra ragione per cui una sintesi assomiglia a un esercizio di Sisifo, è che la ricchezza della Twikiconference sta esattamente nella sua entropia, nelle decine e decine di rivoli in cui si è scomposto il flusso principale. Si è parlato di confusione tra relatori e pubblico («esercizio psicologico, provate a distinguerli», ha suggerito qualcuno) e di caos («relatori che si perdono - è stato un botta e risposta - ma qs è anche il bello»). Eppure, attenzione, come un caos matematico è generato comunque da una equazione complessa, anche in questo caso, provate a rileggere a ritroso. Ebbene, se la sequenza "vista da vicino" lasciava confusi («Ma in mezzo a tutti questi tweet, qualcuno riesce ancora a capire che cosa sta succedendo? Cioè la notizia?»), dalla giusta distanza (cioè vista nel complesso) emerge invece una chiave di lettura. Che va ben oltre le due macro domande: quanto contano l'etica e la deontologia per un'informazione di qualità su twitter; quanto sia in atto uno spostamento dei media (e del giornalista) sui social network.

Lo spunto significativo è un tweet delle 16.58 di ieri pomeriggio. Un po' provocatorio, ma centrato: «Buone Notizie: l'Ordine e i giornalisti scoprono che esiste Twitter». È una sintesi? È una presa d'atto in seguito a diverse centinaia di tweet?

La risposta si trova ripercorrendo (a ritroso, appunto) il flusso. Selezionando a caso, si trova il confronto tra le ansie di ieri e quelle di oggi: «Sindrome buco sul web è una follia. È il vecchio schema che vince. Qualità, visione e comunità fanno la differenza». Significa ritornare all'indagine, e su quella battere la concorrenza, non necessariamente sul tempo: «La velocità della notizia era importante anche per primi courant (XVI sec.). Ma la qualità di più». Senza dimenticare che «Twitter è come i corridoi del Palazzo di Giustizia. I cinguettii sono tutti da verificare, sempre. Stesse regole».

Si trovano i buoni proponimenti e le prese di coscienza: «Il nostro ruolo, oltre che produrre, è quello di selezionare news e condividerle con la comunità di lettori e follower»; «Il ruolo dei giornalisti deve essere duplice: produzione di contenuti e curation. E' parte di una nuova etica, appunto». Questo, sebbene la riflessione ancora non porti a certezze sui futuri possibili dell'editoria: «Siamo in piena fase di transizione. Impossibile parlare ora di "sostituzione del medium". Scenari completamente aperti».

Quindi, emerge la consapevolezza di ciò che si sta vivendo: «La virata verso questi mezzi è partita spesso dalle redazioni, più che dagli editori». Con evoluzioni socio-politiche non secondarie: «Nessun medium è mai stato così democratico, ben venga l'affiancamento tra tradizione e innovazione». E ancora: «Per resistere, il giornalismo "tradizionale" deve sperimentare nuove forme: sotto con i tweet!».

Ma si scoprono anche dichiarazioni di autocritica: «E se facessimo meno Odg e più Twiki? Bella domanda? e di cose da dire ce ne sarebbero tante :-) »; «La maggior parte dei giornalisti odia Twitter. Che è come odiare il telefono, la mail, la penna»; «?Il' giornalista non esiste. Esistono tanti giornalismi. Alcuni di questi vengono rivoluzionati da Twitter, altri per nulla». Ma si scorgono anche analisi critiche di un nuovo scenario che presenta rischi e ombre: «Odiare twitter è sciocco, ma anche pensare di viverci dentro, perché può essere una ossessione (e per qlc lo è diventato)». Colpiscono pure i sinceri confronti tra chi sta dentro e chi sta fuori le testate che contano, per quanto ci siano «tanti giornalisti con testate importanti nell'account e che non hanno seguito. I followers selezionano per fortuna :) ».

Infine, ma forse su tutto, ci sono state le provocazioni. Forse, come ha scritto chi ha voluto partecipare, pur essendo in viaggio ( «chi vi dice che sono a Doha e sono io?»), Twitter è un mondo ancora troppo vulnerabile a illusioni e voglia di scoop.

In fondo. la stessa Twikiconference era una provocazione. Un modo per fare rumore aprendo (e non chiudendo) una porta. Una provocazione che ha chiuso, con il citato tweet delle 16.58, il percorso logico aperto con un tweet delle 12,15: «Non vorrei fare la guasta feste: ma non credete che i tempi non siano ancora maturi in Italia per TwikiOdg?».

Sembra di no.
 
Hanno permesso la Twikiconference
   
Rosy Battaglia (giornalista free lance ed esperta comunicazione social media) @rosybattaglia
   
Raffaella Calandra (inviata Radio 24) @rafcalandra
   
Marco Giovannelli (direttore VareseNews) @marcogio59
   
Claudio Giua (direttore sviluppo e innovazione l'Espresso-Repubblica)
   
Mauro Munafò (giornalista free lance, esperto social media e autore del sito Stampa Tweet) @mauromunafo
   
Massimo Sideri (Corsera economia) @massimosideri
   
Simone Spetia (caposervizio economia generale Radio24) @simonespetia
   
Eric Sylvers (Financial Times) @EricSylvers
  
? e un numero spettacolare e imprecisato di persone che hanno voluto esserci.

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