Per superare il caos e riconnettere mercati e realtà.

«Live da Ferrara @Internazionale la finanza è disconnessa dall'economia reale @ubiggeri @bancaetica ». È un tweet inviato nel corso del Festival del settimanale Internazionale svoltosi nel week end a Ferrara, dove era presente anche Banca Etica e il suo presidente Ugo Biggeri. Quello della "finanza disconnessa" è un tema cruciale di questi tempi. Che prende forme e forze variegate, coinvolge soggetti eterogenei, suscita punti di domanda a chiuque è chiamato a confrontarsi con essa.

Il pensiero sottostante ad affermazioni di questo genere è vasto e condiviso, e ha come base di riferimento l'attuale crisi economica, conseguenza di una roulette finanziaria che ha assunto dimensioni iperboliche rispetto agli apparati produttivi, al mondo reale. Diventa assai più sottile, il pensiero, nel momento in cui ci si interroga "se" e "su chi" ci sia dietro alla crisi. In termini speculativo-filosofici, uno come Nassim Nicholas Taleb, nel suo Il cigno nero, fa riferimento alla metafora de L'orologiaio cieco di Richard Dawkins, per illustrare che il mondo si muove senza un burattinaio, poiché è l'evoluzione di «cambiamenti casuali e incrementali». In termini assai più materiali, invece, per un sistema rimasto scottato dall'ingordigia, è facile puntare il dito contro chi più si è ingrassato e ha succhiato risorse: le banche e, più in generale, i gruppi finanziari.

La questione consequenziale e assai più complessa è: quali sono le misure da adottare per ritrovare una "connessione" tra finanza e realtà? Una delle tentazioni in atto è quella di tagliare le ali al mostro alato che rapito i risparmi. Ovvero, di procedere con una serie di cancellazioni di strumenti finanziari, a cominciare, ovviamente da quelli più speculativi, per tentare di riportare entro confini più «reali» un campione assai più ridotto di prodotti di ingegneria creditizia. In questa direzione, per esempio, si stanno muovendo anche impostanti istituzioni, come l'Unione europea, che ha avviato una consultazione per rivedere i criteri di costruzione e i modelli di funzionamento di benchmarks e indici di riferimento, dopo lo scandalo Libor che ha travolto Londra. Si può considerare vadano nella stessa direzione anche le pressioni, e le prese di posizioni di alcuni governi europei, per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie: oltre che generare reddito, uno dei punti più apprezzabili di una tale misura è quello di colpire in modo estremamente progressivo la speculazione. Ergo, di tagliar fuori alcune tipologie di investimenti (a cominciare dall'High Frequency Trading generato dalle macchine). Più in generale, sembra diffusa la voglia di ampliare l'ambito di controllo, quindi di costringere sotto riflettori di vigilanza l'immenso mercato (il cosiddetto over the counter) che gira al di fuori delle piattaforme ufficiali.

Questa nemesi finanziaria, tuttavia, lascia spazio a un dubbio strutturale. E cioè che, per quanto si possa sfoltire l'albero malato, per quanti rami si possano recidere, questa sia un'illusione di prospettiva.

Se infatti si considera la "disconnessione" non come il frutto di una volontà superiore, ma come un effetto fisiologico della conoscenza (o meglio, della non-conoscenza), i parametri del problema possono cambiare.

Partiamo da qualche esempio recente. Uno, può anche essere il social bond Ubi, di cui si parla in un altro articolo pubblicato oggi. Ebbene, quanti giornali hanno trovato il tempo di approfondire la struttura e i costi dell'obbligazione? Quante delle famiglie che hanno sottoscritto si sono rese conto del concetto di charity e dei costi che stavano sostenendo? Lo spiega anche Consob: non c'è un comportamento razionale nell'acquisto dei bond bancari da parte dei retail italiano.

Un altro esempio è quello delle banche inglesi. Qualche settimana fa un'emittente britannica ha denunciato che la Fsa, ovvero la Consob di sua Maestà, era a conoscenza da anni di quanto fosse border line la vendita senza freni di derivati alle pmi e agli enti locali italiani. Quanti di questi soggetti deboli si è mai reso conto, negli anni in cui tutto scorreva facile, di quale fosse il capestro che stava sottoscrivendo? E non si tratta solo del buon contadino Bertoldo, bensì di fior di istituti di credito italiani.

Altro soggetto che sollecita l'immaginario collettivo è quello di Facebook. Ebbene, la società più connessa del pianeta ha di fatto un prospetto introvabile su Internet. Provate a cercarlo. Poi, dopo qualche minuto arrendetevi: dovete andare a questo indirizzo. Ma la grande opacità del caso Fb non sta certo nella difficoltà di rintracciare il prospetto. Quanto è stato chiaro che il crollo del titolo nelle prime settimane di quotazione è stato un ricco regalo alle banche? Tutto è stato fatto secondo le regole e le leggi, ma in base a un complesso meccanismo chiamato over-allotment - talmente incompreso che addirittura sul sito di Borsa viene erroneamente assimilato alla green shoe - le banche hanno guadagnato fior di soldi comprando i titoli "crollati" per coprire le posizioni short che gli erano state permesse in sede di collocamento. Risultato: il pacchetto, secondo fonti non ufficiali, ha fruttato almeno 100 milioni ai collocatori. Che, peraltro, non l'hanno nemmeno dovuto dichiarare (come invece era d'obbligo per quanto avvenne nel caso, identico, della quotazione-con-crollo di Saras).

Tutto questo, appunto, rende lecito il dubbio: e se la "disconnessione" fosse un fattore dovuto alla incapacità di conoscere? Quello della finanza è forse la miglior rappresentazione di un sistema caotico, il quale si muove secondo leggi di mutazione progressiva dato un elemento di partenza. Di fronte a questa idea, per coprire il gap di conoscenza (quello da cui si genera la disconnessione) può certo essere utile ridurre le variabili di partenza. Magari si eliminano quelle da subito degenerative. Ma l'effetto sarà di breve periodo. Nel medio termine, infatti, ciò che resta è portato fisiologicamente a moltiplicarsi, e a farlo secondo equazioni complesse al punto da apparire indeterministiche. Superata una certa soglia, non farà differenza se le possibilità cui ci troviamo di fronte sono 10 elevato alla cinque o 10 elevato alla cinquanta (quest'ultima potenza, per avere un'idea, rappresenta le possibilità di una partita a scacchi).

Occorre prendere atto che questa non conoscenza è per noi il caos (ossia, l'incomprensibile), anche quando è matematicamente determinabile. Non siamo tutti Benoit Mandelbrot, le nozioni di econofisica sono riservate a pochi. Non possiamo dunque conoscere tutto.

Perciò, è forse il tempo di riflettere su un'altra ipotesi di "ri-connessione".  Per muoverci, o meglio, per consentire a qualcuno di muovere soldi (nostri, o di entità in cui siamo coinvolti: banche, istituzioni, nazioni) occorre quella che oggi è una variabile chiave, e che nel futuro sarà una condizione indispensabile. Una variabile che sta sopra i meccanismi, che deve prescindere da regole e funzioni algoritmiche: la fiducia.

La connessione ha e avrà necessità totale e assoluta di fiducia. Non è un concetto nuovo. Le "strette di mano" erano alla base del modello di mercato di Adam Smith (concetto poi traviato nella "mano invisibile"). Lo stesso Luigi Zingales ne ha fatto un principio cardine del proprio modello, e lo ha ripetuto anche nell'articolo pubblicato da ET. questa mattina.

Tale concetto appare adesso imprescindibile per il mondo della finanza. La quale può ancora sfruttare ciò che è rimasto nel barile della fiducia concessa alle banche dalle famiglie e dagli investitori, ma dovrà adoperarsi per tornare a riempirlo, quel barile. E in modo assai più sostanziale del passato. Anzi, più sostenibile.

Volendo schematizzare, la fiducia sarà stimolo alle scelte di sostenibilità messe in atto dalle banche: fiducia in un ambiente che saprà riconoscere e ricambiare. E la sostenibilità sarà alla base della fiducia concessa alle banche: comincerò (o ricomincerò) a fidarmi quando mi accorgerò che hai rispettato regole, anche e più quelle non scritte, una due tre dieci volte.

L'alternativa, per la finanza, è mantenersi nell'universo delle regole formali e dei meccanicismi, confidando sul caos e sulla disconnessione. Solo che, in questo modo, prima o poi prevarranno quelli che cercano il colpevole.

Partner della formazione

ConfiniOnline fa rete! Attraverso la collaborazione con numerosi enti profit e non profit siamo in grado di rivolgere servizi di qualità a costi sostenibili, garantendo ampia visibilità a chi supporta le nostre attività. Vuoi entrare anche tu a far parte del gruppo?

Richiedi informazioni