Nella tournee italiana di presentazione del suo ultimo libro "Manifesto Capitalista", l'economi-star Luigi Zingales ha fatto tappa, nei giorni scorsi, anche all'Università Bocconi di Milano. Dove è intervenuto nell'ambito di un'iniziativa del gruppo di lavoro "Bocconi Sociale", promosso dal rettore Guido Tabellini e dal professor Giorgio Fiorentini, che ha premiato - con l'associazione Civis - un team di studenti per l'ideazione di un progetto di "equity sociale".
I giovani, e in particolare gli studenti, sono un tema caro anche a Zingales, preoccupato per la deriva che ha investito i suoi colleghi economisti e professori. «Gli economisti finiscono per perdere qualunque moralità», ha aperto Zingales. «Pensiamo alle conseguenze sociali della ?pecking order': negli Usa, di più cinici degli economisti ci sono solo i lawyers. E difendersi dicendo "noi facciamo solo analisi positiva" è falso. Noi insegniamo l'analisi positiva e se non prendiamo posizione induciamo gli studenti a fare cose che non farebbero. Anche perché nessuno ha il coraggio di dire: sì, è giusto».
È giusto per Zingales pagare le tasse? «Da un punto di vista monetario pagare le tasse è irrazionale ma nessuno si sognerebbe mai di dire che pagare le tasse non è giusto. Così se una casa si rivaluta e supera il valore del mutuo sarebbe irrazionale non restituirla, ma questo ha una serie di impatti che non rendono per forza giusta questa operazione». L'economista/non economista («ma non sono un filosofo morale, non ne ho la capacità»), o meglio l'economista "pentito" (o "illuminato", secondo le prospettive) non lesina critiche anche alle mosse del governo di Mario Monti, che a suo parere «ha risposto in maniera sbagliata a una domanda giusta. Quella di giustizia sociale, diversa dall'egualitarismo e dai suoi effetti deleteri. Oggi ci troviamo con una Scuola distrutta, un'Università distrutta, Imprese distrutte e imprenditori che si comportano come carbonari, hanno paura perché lo Stato si è posto loro come un nemico».
Zingales ammette di essere ormai abituato a tutt'altre realtà («ho mandato mio figlio a studiare un anno in Italia, gli farà bene. In Italia per riuscire devi lottare molto di più, hai contro tutto»). Ma è animato da una profonda passione civile per il suo Paese, la stessa che si è sviluppata nel gruppo di lavoro di "Fermate il declino", manifesto-cartello di economisti "altri" promosso da Zingales (e Oscar Giannino e Alessandro De Nicola, tra gli altri). E nei giorni scorsi lanciato politicamente dal Wall Street Journal, secondo il quale potrebbe ottenere alle prossime elezioni il 20% dei seggi in Parlamento, con un articolo a firma di Alberto Saravalle, presidente del consiglio degli associati dello studio milanese Bonelli Erede Pappalardo e coordinatore del gruppo giustizia della stessa FilD - Fermare il declino.
Però, più che di declino, Zingales parla di mutamento. «Noi italiani non siamo geneticamente inferiori a nessuno. Cambiare si può, la cosa peggiore è la sfiducia nella possibilità di cambiare» sostiene il docente della Booth University di Chicago e Ph.D. al Mit di Boston. «Quello che differenzia il Nord dal Sud è la cultura della speranza». E cita a supporto la letteratura italiana. «I Promessi Sposi sono un prodotto della cultura della speranza, c'è uno a cui capita di tutto ma non demorde. I Malavoglia invece sono un prodotto della sfiducia. Nulla può cambiare. E non provate neanche, state al vostro posto!».
Racconta così la storia degli stabilimenti della Barilla, a suo modo indicativa e che non ha conosciuto da fonti italiane, ma che ha ascoltato a un programma radio americano. «La Barilla aveva due stabilimenti, uno a Parma con un tasso di assenteismo del 5% e uno a Foggia con un tasso del 10 per cento. Questo fattore creava problemi di produttività e così un giorno viene decisa la chiusura dello stabilimento. Uno dei manager non è d'accordo e lo vuole tenere aperto, così va a Foggia e fa due cose: si comporta da leader e cerca di ottenere la fiducia dei lavoratori trattandoli come partner, e prova a invertire la sanzione sociale collegata all'assenteismo, rompendo l'omertà orizzontale nei confronti dell'azienda e ottenendo la solidarietà di coloro che vogliono lavorare contro quelli che non li vogliono far lavorare. Quindi verifica i certificati di malattia e scopre una concentrazione su un gruppo di lavoratori assenteisti e un gruppo ristretto di medici che firmano la loro assenza. E poi spedisce a tutti - lavoratori e medici - i certificati firmati, fino a quando qualcuno non gli dice: "Vede questo assente per malattia? Ha appena segnato due goal nella partita" della squadra sponsorizzata da Barilla stessa. Il risultato è che oggi Foggia è più produttiva di Parma».
Zingales, citando Einaudi («il mercato è una fiera di paese dove ci sono i carabinieri che controllano»), chiede sanzioni sociali «per un sistema che non considera i danni che fa». Ma riconosce il bisogno di un «temperamento» che può avvenire solo con il controllo democratico. In altre parole «le regole possono distorcere il mercato ma ci devono essere». E se In Italia la rappresentatività sembra latitare e non sembrano esserci vie di uscita? A una ragazza che gli chiede se restare in Italia o emigrare come ha fatto lui, risponde: «Due anni fa le avrei detto che non c'era speranza, di andare. Oggi invece una speranza c'è. Ma se se ne vanno tutti questa speranza sparisce».
Felice Meoli