di Giuseppe Biesuz*
Giovedi scorso, Dario Di Vico ha sollevato il tema della scarsa qualità dei servizi di trasporto pubblico del nostro paese, proprio mentre la domanda è in trasformazione e in crescita, specialmente nelle grandi aree metropolitane. Non solo per effetto della crisi.
L'articolo trae spunto dall'incidente verificatosi sulla metropolitana milanese, con le inevitabili code di polemiche che ne sono seguite sulle responsabilità e sulla esigenza di stabilire delle nuove fasce di garanzia a maggior tutela dei viaggiatori.
Certamente stride il vedere che il cosiddetto popolo dei "garantiti" possa generare tanto disagio ai "non garantiti". Questo è un punto su cui bisognerà rapidamente trovare una soluzione: nel nostro paese da troppi anni le infrastrutture e i servizi di trasporto pubblico di massa sono sparite dall'agenda delle priorità strategiche, dimenticando di fatto che una mobilità efficiente è fattore determinante per lo sviluppo.
Nel settore ferroviario quello di cui ci si è dimenticati sono i 16.000 km di binari dove vengono prodotti ogni anno 235milioni di chilometri/treno, ovvero il 75% dell'intera produzione ferroviaria italiana per il trasporto di centinaia di migliaia di pendolari in ogni angolo del Paese. Si calcola oggi che servirebbero 1000 treni nuovi.
Aggiungiamo poi che il trasporto su gomma è segmentato in un arcipelago composto da 1.200 operatori piccolissimi, dove anche i maggiori operano su un perimetro che non supera il mercato locale. In Europa viceversa ci sono player che operano su scala nazionale, fanno sia ferro sia gomma e hanno assunto progressivamente una dimensione internazionale. I gap che ci separano dall'Europa in termini di tassi di concentrazione e dimensione dei player è stimato in 15-20 punti percentuali.
Per superare queste distanze servirebbero almeno due cose. Innanzitutto un quadro regolamentare delle tariffe e delle risorse che sia stabile e non soggetto a continui ripensamenti. In secondo luogo, la presenza anche nei trasporti di alcune medio-grandi aziende serie e affidabili, come da tempo esistono in Europa, con la massa e la forza finanziaria e manageriale in grado di fare gli investimenti che servono e attrarre il capitale di rischio.
Proseguire sulla strada delle liberalizzazioni è fondamentale, per recuperare competitività. Ma se questo processo non sarà accompagnato dalla rapida creazione di alcuni grandi operatori leader, superando le vecchie inerzie, potrà risultare devastante. Potremmo rischiare di fare la fine di una colonia a favore dei nostri partner europei.
Se a passare di mano fossero le gestioni meno efficienti, nessuno se ne dispiacerebbe. Ma se a passare di mano fossero i segmenti di mercato più redditizi avremmo fatto un grave danno al paese. La competizione avviene tra imprese di medio-grandi dimensioni, in grado di attrarre i capitali e i migliori talenti professionali e manageriali.
Tutto questo significa che dalla crisi del trasporto pubblico del nostro paese potremo uscire solo se sapremo rivedere alla radice il suo modello di finanziamento, ancora troppo dipendente dalla sola mano pubblica e frenato da logiche dipendenti da un patto sulle tariffe ormai insensato.
Stoccolma, Londra e Parigi sono tra le città dove le tariffe del trasporto pubblico sono tra le più alte d' Europa a fronte tuttavia di una qualità del suo network di straordinaria eccellenza. Solo da noi il tema delle tariffe è un tabù e il fenomeno della integrazione tariffaria è all'anno zero.
A Londra esiste dalla fine degli anni sessanta mentre a Tokio si sta lavorando ad un sistema su base multiregionale. Un recente studio della London School of Economics, evidenzia che la capacità di attrazione di capitali e talenti delle città è in funzione della loro infrastrutturazione in termini di strade, autostrade, ferrovie e organizzazione della mobilità.
Milano in questo contesto è, rispetto alle capitali europee, forse l'unica città in cui, nonostante gli sforzi della Regione, non esiste ancora un sistema di tariffazione integrata e non esiste un unico operatore integrato dei servizi urbani, metropolitani e ferroviari sub-urbani. Da Parigi a Berlino, da Madrid a Barcellona la gestione è unitaria. Sulla Grande Milano gravitano infatti 9 milioni di persone, secondo il Censis, ai cui bisogni bisognerebbe dare una risposta europea.
Anche questa potrebbe essere una occasione positiva per approfittare della crisi, per modificare gli ormai sclerotizzati comportamenti pubblici e cominciare a "guardare le cose con le orecchie" come dice il conte di Gloucester a Re Lear, ormai vecchio e cieco.
*Amministratore delegato di Trenord