La  nostra intenzione, dicevamo nel nostro primo editoriale, è occuparci di immigrazione nel suo senso più ampio e in tutte le sue articolazioni, perché questo è un ambito che si intreccia inevitabilmente con molti altri e con le tematiche più importanti e urgenti del nostro tempo (l'ambiente, la giustizia, la globalizzazione, i diritti?). In linea con questo proposito dedichiamo l'apertura di questo numero al forum sulla cooperazione che si è tenuto la scorsa settimana a Milano e che media e istituzioni hanno salutato come l'avvio di un nuovo corso.

Cooperazione e immigrazione sono temi contigui perché la maggior parte dei migranti, in Italia e altrove, proviene dai paesi tradizionalmente "beneficiati" (sottolineiamo le virgolette) dai progetti di cooperazione ma, anche, perché la principale e più diretta forma di cooperazione, anche se forse la più sottovalutata, è rappresentata dalle rimesse dei migranti. Noi speriamo davvero che il forum inauguri un nuovo corso, ma crediamo che la partita non si giochi solo sulla quantità di denaro investito o sull'ingresso dei privati nel sistema: è l'impianto culturale e morale della cooperazione che deve essere rivisto se si vuole che qualcosa cambi. Ce lo ricordano Alex Zanotelli, nell'intervista raccolta da Stefano Galieni, e Daniele Frigerio, anche lui missionario comboniano e oggi vicepresidente dell'associazione Giù le Frontiere, nel suo commento.

Tra le varie cose, Zanotelli contesta le espressioni paesi in via di sviluppo e terzo mondo, ancora abbondantemente usate durante il forum, e suggerisce la più appropriata "paesi impoveriti". Non si tratta di un omaggio al politicamente corretto. La scelta delle parole è importante. Le parole che abbiamo a disposizione veicolano i nostri pensieri e influiscono moltissimo sulla nostra percezione della realtà. Noi siamo d'accordo con Zanoteli ma andiamo anche oltre.

La locuzione che preferiamo è majority world, la parte maggiore del mondo. La preferiamo perché in modo obiettivo e incontestabile evidenzia la superiorità numerica di un segmento di umanità che ha sempre avuto scarsa voce in capitolo ma rappresenta la maggioranza. A coniarla è stato, negli anni '90, un grande intelettuale bangladese, Shahidul Alam, in polemica appunto con i discorsi su devoloping countries e third world. Oggi Majority World è anche un'agenzia di fotogiornalismo che rappresenta artisti socialmente impegnati e provenienti dalla maggior parte del mondo. Il loro sguardo sui loro paesi ha una profondità di lettura e una capacità narrativa che non si ritrova nei lavori, pure eccellenti, di tanti reporter occidentali. Alam, che ha una visione impegnata e sociale dell'arte, è uno dei fondatori di questa agenzia che ha recentemene realizzato una grande mostra a Londra. Ne parliamo in un articolo e abbiamo il piacere e il privilegio di mostrarvi una buona parte delle opere esposte.

In questo numero parliamo anche dello scarto che si produce troppo spesso tra le intenzioni delle leggi e la loro applicazione. Esemplare il caso della legge Rosarno. Luciano Esposito, con un articolo molto originale, ci aiuta a capire come mai ancora nessuna denuncia da parte di immigrati irregolari per "estremo sfruttamento" sia stata presentata. Sergio Bontempelli ci dimostra  che le ambiguità applicative relative alla regolarizzazione in corso, la sanatoria 2012, non sono state poi davvero dissipate dall'intervento dell'Avvocatura dello Stato.

Vi segnaliamo poi due articoli che si presentano con un aspetto "ordinario" ma vanno a toccare a nostro avviso dei punti estremamente importanti. La corrispondenza di Amalia Hilda Tobar Barrionuevo ci parla di un'integrazione difficile, quella degli indiani provenienti dal Punjab a Solofra, provincia di Avellino. Lo fa in un'ottica realista e laica, sottraendosi allo schema ideologico degli autoctoni ostili e degli stranieri vittime, schema che lungi dal favorire la causa dell'antirazzismo e della multiculturalità la indebolisce. Francesca Materozzi, invece, racconta l'esperienza di Compost, un laboratorio teatrale che, ancora in un'ottica realista e laica, ha scelto di impegnarsi nella rappresentazione catartica dei conflitti interculturali, nella consapevolezza che per costruire un mondo diverso bisogna imparare ad accogliere (che non vuol dire condividere) anche i punti di vista che non ci appartengono.

Ma in questo numero (un po' più ricco ed esteso dei precedenti) trovate molte altre cose: interviste, reportage, recensioni e le nostre rubriche ordinarie. Vi ricordiamo, infine, che domenica si è tenuta a Modena la prima, partecipata e riuscita, assemblea pubblica in vista del Primo Marzo 2013.

Buona lettura e buon inizio settimana!

Stefania Ragusa

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