Uman e opes, iniziative per investire nell'impresa sociale.
Dove lo Stato non arriva, è scattato il tempo delle iniziative private. Ma non con donazioni, volontariato o charity. Bensì, prendendo consapevolezza di strumenti più efficaci per mettere in relazione le risorse economico-finanziarie con le forze vitali del Paese. Ovvero strumenti di promozione e sostegno del social business. Qualcosa del genere, in controluce, è contenuto nel Dl sviluppo del ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera. Il quale, ancora una volta, ieri ha risposto che «è tutto pronto, il decreto è lì», a coloro che gli chiedevano se domani fosse previsto un esame in consiglio dei ministri. Dichiarazione che pone l'intervento governativo non solo in controluce, bensì sempre più in penombra man mano che si avvicina l'aria di elezioni.
In questo scenario rarefatto, è possibile cogliere qualche segnale di vitalità sul fronte della cosiddetta società civile. Con una importante novità, rispetto alle mobilitazioni precedenti: pare aver attecchito la consapevolezza che la nuova frontiera dell'impegno (volontaristico, civico o ideologico che sia) risiede nella possibilità di valorizzare un concetto piuttosto coerente con la struttura italiana. Quello dell'impresa sociale.
È questo concetto, infatti, il leitmotiv di due iniziative presentate in questi giorni.
«Crediamo che lo sviluppo di impresa creativa e innovativa nel nostro Paese sia la scommessa su cui puntare per uscire dalla crisi e tornare nel futuro». Questo si legge nel sito della Uman Foundation, la neonata associazione presieduta da Giovanna Melandri, che il prossimo 8 ottobre farà il "gran debutto" con una serata di gala a Roma. Sarà un fundraising dinner in stile americano, sebbene l'associazione già conti soci di tutto rispetto. Nell'home page, tra i "partner" c'è Banca Prossima, tra i "primi sostenitori" Banca Mediolanum, Deutsche Bank, Enel Green Power, Generali, Kme, Prysmian e Sorgenia. Un tale plotone di nomi, cosa sta sostenendo?
Nello Statuto, si leggono tre aspetti particolarmente operativi. Oltre a «promuovere la defiscalizzazione delle donazioni filantropiche in linea con i modelli esistenti nei Paesi anglosassoni», l'associazione intende creare «nuovi strumenti di investimento finanziario ed in particolare la costituzione di fondi ad impatto sociale. Tali fondi, gestiti secondo criteri di redditività, consentono l'investimento diretto - sia in Italia che nei Paesi in via di sviluppo - in imprese remunerative ad alto impatto sociale. Si tratta di imprese che sviluppano, tra l'altro, prodotti e servizi per l'educazione, la sanità, il risparmio energetico, l'approvvigionamento idrico ed alimentare e comunque qualunque altra attività finalizzata all'inserimento lavorativo e all'integrazione sociale di persone svantaggiate». Il terzo passaggio riguarda la proposta di uno strumento che «catalizza risorse ed energie in un fondo di donatori italiani: "Uman Donors Fund". Lo Uman Donors Fund raccoglie le risorse di privati cittadini, imprese, family offices, enti pubblici e privati, per sostenere attraverso l'erogazione di "grants" gli imprenditori sociali ed i progetti più interessanti puntando sul potenziale creativo di donne e uomini che si muovono sul crinale dell'innovazione».
L'altro soggetto che ha preso forma in questi giorni è l'Opes Impact Fund. Illustrato a margine del Forum della Cooperazione Internazionale di Milano, in un incontro ospitato dalla Borsa Italiana e da fondazione Cariplo, si tratta di uno strumento di investimento gestito dalla neonata Fondazione Opes, frutto della partecipazione di Acra, Fondazione Fem, Altromercato e Microventures. Ebbene, si tratta in pratica di uno dei primi social venture capital italiani (non è in discussione il testimone di pioniere a Oltre Venture di Luciano Balbo), per finanziare quelle aziende che operano in settori critici: salute, accesso all'acqua, servizi igienici, energia, educazione e sovranità alimentare.
La fondazione si muoverà per sostenere le imprese sociali con prestiti o con partecipazioni nel capitale. Il target di raccolta è di 8 milioni in 3 anni e intende focalizzarsi su quelle realtà che non sono in una fase matura del loro ciclo di vita. Insomma, una scommessa più accentuata rispetto al tradizionale impact investing.
Alla luce delle caratteristiche dei soci promotori è logico che i primi investimenti del fondo "Opes Impact Fund" saranno in aree economiche critiche, come in India e nell'Africa orientale con un ufficio in rappresentanza in Uganda. Ma resta significativa la scelta dello strumento che manda in soffitta il concetto di donazione tout court. E, poi, colpisce che, nelle ambizioni dichiarate del fondo, accanto agli interventi esteri, non venga esclusa l'attività in un territorio con grande bisogno: il nostro Paese.
Luigi Santovito