Rapporto censis 2012. La generazione digitale.

Gianluca Nicoletti

Emerge finalmente decisa la generazione dei nativi digitali. Ancora dobbiamo vedere mettersi d'accordo chi ci governa (o tra breve ci governerà) su come il nostro Paese evolverà al tempo di Internet, ma i più giovani tra gli italiani vivono la Rete come uno dei tanti luoghi possibili in cui passare il loro tempo, incontrare persone, lasciare propri pensieri.  

Costoro non sono una generazione di «nerd», ragazzi che hanno rinunciato a parte della loro umanità, come ancora gridano le vestali custodi della fiamma esangue del vecchio mondo.  

Nemmeno sono «cyborg», in quanto non hanno subito mostruose mutazioni, bensì sono semplicemente persone che indossano ogni giorno protesi tecnologiche, e lo fanno con la stessa naturalezza con cui i loro genitori s'infilano ad esempio le scarpe per uscire da casa.  

Forse bisognerebbe smettere anche di chiamarli nativi digitali, è un temine già desueto che sa di vecchio pregiudizio discriminatorio; cela l'entusiasmo dei neofiti, come il livore di chi oramai si è seduto sulle proprie antiche certezze di intangibile umanità. Una duplice trappola che rallenta ogni evoluzione.

È più esatto dire che il Censis comincia a rivelarci una nuova maniera di vivere la socialità, che è proprio quella che ancora preoccupa molti genitori. Il dato dell'aumento veramente molto notevole degli iscritti ai social network corrisponde indubbiamente a una radicale mutazione nel concepire la relazione tra umani.  

Quasi l'ottanta per cento dei giovani ha un profilo condiviso, dove ora dopo ora deposita testimonianze del trascorrere della propria esistenza, e questo non può essere letto come sintomo di paranoia collettiva.  

Gli uomini restano sempre gli stessi. Nuove maniere per raccontarsi, e quindi socializzare, moltiplicano le occasioni a loro disposizione di approfondire l'esperienza del vivere. Alcuni inconsapevolmente già lo fanno, altri stanno a guardare e scuotono la testa.

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