Un nuovo rapporto diffuso il 3 ottobre da Amnesty International denuncia torture, uccisioni e stupri commessi dall'esercito e dalla polizia del Sud Sudan nella regione di Jonglei, durante una campagna di disarmo lanciata nel marzo 2012 che, nelle intenzioni del governo, doveva riportare la sicurezza nell'area.
I ricercatori di Amnesty International hanno intervistato decine di persone che hanno descritto torture e altre violenze contro i civili, tra cui anche neonati, nonché distruzioni di case e raccolti.
"Ero a casa con altre cinque donne e coi nostri bambini. Sono arrivati pretendendo che consegnassimo le armi. Quando gli abbiamo risposto che non le avevamo, ci hanno picchiato coi bastoni" - ha riferito K.E., madre di quattro figli.
Il governo del Sud Sudan ha ammesso che ci sono state violazioni dei diritti umani da parte di singoli individui, che non possono chiamare in causa il comportamento complessivo dell'esercito e della polizia. Per Amnesty International, tuttavia, queste dichiarazioni rischiano di essere assolutorie nei confronti di azioni orribili.
Cinque soldati sarebbero stati arrestati nella regione di Pibor perché sospettati di aver compiuto stupri e uccisioni. L'assenza, nella regione, di procuratori e giudici sta però impedendo l'inizio del procedimento giudiziario.
Amnesty International ha sollecitato il governo del Sud Sudan a indagare a fondo per accertare le responsabilità e punire tutti i responsabili di queste gravi violazioni dei diritti umani. L'organizzazione ha anche sollecitato la Missione delle Nazioni Unite nel Sud Sudan a raddoppiare gli sforzi per proteggere i civili, inviando peacekeeper nelle aree dove vi è maggiore rischio di abusi da parte dell'esercito e della polizia nazionali.