di Paolo Minucci
Migliaia di persone circondano il "Congreso" per dare un segnale forte ai politici. Gli spagnoli la crisi che non hanno generato, non la pagheranno. Non in questi termini.
Bisogna gettarlo un occhio a quello che sta accadendo in Spagna, e invece a quanto pare la stampa italiana (con qualche eccezione come fanpage.it) non sembra prestarvi molta attenzione.
Ieri un'altra pagina destinata ad entrare nella storia di questa crisi economica, che ormai ha definitivamente segnato un'intera generazione.
A Madrid l'ennesima manifestazione di indignados, o chiamateli come volete. Vale a dire migliaia di persone, giovani e anziani (da noi purtroppo non accade), che hanno deciso di dar vita all'iniziativa "rodea el Congreso", letteralmente circonda il Parlamento, per dare un segnale forte alle istituzioni di come non si piegheranno alle scelte drastiche di questi mesi, in nome di un potere economico, fatto di banche, debiti e finanza internazionale che sta letteralmente prosciugando le tasche degli spagnoli.
E non accetta, il popolo spagnolo, di dover pagare i costi di una crisi generata principalmente dalla spregiudicatezza delle banche, che con l'ausilio dei vari governi susseguitisi, hanno generato una bolla immobiliare senza precedenti. Del resto basta fare un giro tra i piccoli paesi disseminati sul territorio, per rendersi conto delle migliaia di costruzioni abbandonate che ormai giacciono senza un futuro.
Camminando per Madrid te ne accorgi che il punto di non ritorno è vicino.
L'altro giorno, entrando nel Corte Inglés, una immensa catena di centri commerciali spagnoli, tipo quella che era la Standa, in un angolo, fermi come ipnotizzati e allo stesso tempo imbarazzati, un gruppo di una decina di uomini guardava, gratis, la partita tra il Rayo Vallecano e il Real Madrid. Alcuni, per avere anche l'audio, allo stesso tempo ne ascoltavano la radiocronaca con auricolari.
È un'immagine che personalmente sconvolge poiché lo spagnolo medio mai avrebbe, prima d'ora, rinunciato al momento della partita davanti ad una (?) birra in uno delle migliaia di bar della città. Eppure ora, per far quadrare i conti, anche un paio d'ore in piedi, in un centro commerciale, possono avere la loro importanza.
Tra crisi e separatismo.
La Spagna vive un momento difficile. Solo nei primi otto mesi del 2012, lo Stato centrale ha accumulato un deficit di 50,13 miliardi di euro, pari al 4,77 per cento del Pil. Una differenza del 23,8 per cento sullo stesso periodo dell'anno precedente.
Come se non bastasse, affronta in questi mesi la violenta spinta verso l'indipendenza di una regione come la Cataluña, pronta ad andare alle elezioni in anticipo, il 25 novembre, pur di accelerare il processo di separazione, proponendo un referendum in tal senso, e contravvenendo così all'articolo 2 della Costituzione spagnola che vede la nazione unica ed indivisibile.
Va da sé che la Catalogna risulta attualmente la comunidad più indebitata (e la più produttiva) tra le 17 regioni autonome in cui si divide la Spagna. Vanta, infatti, un debito di 44 miliardi di euro, vale a dire il 22 per cento del Pil, e come se non bastasse poco più di un mese fa il Governo di Barcellona ha chiesto, in barba alle rivendicazioni di indipendenza, un aiuto a Madrid di 5 miliardi di euro per alleviare il perso del debito.
Nel frattempo anche l'Andalusia non se la passa per niente bene e sta valutando la possibilità di chiedere un aiuto di 4,9 miliardi di euro.
L'ago della bilancia.
Staremo a vedere cosa succederà. È chiaro che ciò che accadrà nelle prossime settimane nel Paese iberico, avrà forti ripercussioni a livello europeo. Ed essendo noi la nazione più prossima a livello economico e culturale, è facile ipotizzare un contagio nel caso dovessero verificarsi eventi significativi. Mi vien da pensare a cosa accadrebbe se la Cataluña riuscisse realmente a portare a termine i suoi propositi indipendentisti, e a come derive nostrane come la Lega Nord, potrebbero cavalcare l'onda del separatismo, con l'aiuto di una crisi che rende tutti più sospettosi.
Detto ciò, devo sottolineare che la crisi spagnola è una crisi vissuta con un briciolo di dignità in più rispetto a quella italiana. Te ne accorgi camminando per strada. Le città continuano ad essere ordinate e pulite. I trasporti efficienti (nonostante i prezzi decisamente aumentati) e il livello di corruzione generale nelle istituzioni pubbliche, anche in periodi difficili come questo, resta comunque ben al di sotto di quello italiano, in questi giorni nuovamente emerso nei suoi inaccettabili livelli.
Ultima nota.
Ieri, mentre all'esterno del Parlamento spagnolo succedeva il finimondo, con 35 arresti e 64 feriti, al suo interno il partito UPyD (Unión Progreso y Democracia) presentava un progetto per regolarizzare gli stipendi dei parlamentari, cambiare la legge elettorale che ridicolizza le possibilità di scelta dei cittadini e favorire maggiore trasparenza nell'amministrazione. Tutte ragioni per le quali si batteva la massa di persone fuori.
Ebbene il progetto è stato respinto all'unanimità e sono volate urla e insulti, accusando i promotori di demagogia e di essere corresponsabili delle tensioni nel Paese.
Vien da chiedersi dunque se il Golpe a la Democracia come titola La Razón lo stiano tentando i manifestanti di questi mesi, o lo stiano portando avanti, deliberatamente, i politici e gli amministratori di un Paese ormai in ginocchio.
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