Massimiliano Gallo

Lo scandalo della Regione Lazio (che ha coinvolto tutti i partiti) è stata la rappresentazione plastica dei discorsi populistici da bar. La realtà ha superato la fantasia. La politica ha toccato un punto molto basso, nemmeno sei mesi dopo la scandalo della Lega. È il momento di interrogarsi. E di cambiare la rotta.

È successo tutto così in fretta che forse non abbiamo avuto ancora il tempo di metabolizzare. Nel giro di una settimana, sovrastata da uno scandalo che ha dell'incredibile per la protervia e la strafottenza nei confronti dei cittadini, Renata Polverini ha rassegnato le dimissioni. La Regione Lazio, la seconda d'Italia per popolazione, ha visto sfarinarsi proprio il ceto politico con una velocità disarmante. Una settimana in cui gli italiani, attoniti, quasi non hanno creduto ai loro occhi.

Perché, ed è questo l'aspetto più triste della vicenda, per quanto un cittadino possa condividere il sentimento della cosiddetta antipolitica, era francamente difficile immaginare un tale spregio delle istituzioni e della res publica. Le cronache sulla decuplicazione delle spese per i consiglieri regionali del Lazio (tutti, destra, sinistra, centro) hanno lasciato in bocca un senso di profondo disgusto, oltre che di amarezza e sconcerto.

Ed è avvilente assistere allo spettacolo che sta andando in scena in questi giorni, sotto i nostri occhi. Con governanti (Polverini) che hanno fatto finta di non aver mai saputo nulla e addirittura hanno provato a farla franca presentandosi come parte lesa. Con rappresentanti della maggioranza (Casini e l'Udc) che hanno deciso di non sostenere più la giunta solo quando la situazione è apparsa nella sua piena drammaticità e per giunta dopo una nota ufficiale del cardinal Bagnasco, presidente della Cei. E con rappresentanti dell'opposizione (Montino del Pd, ma anche i vertici) che hanno dato vita a una tardiva indignazione.

È triste ammetterlo per chi ha una concezione quasi sacra delle istituzioni e della politica, ma quel che è avvenuto alla Regione Lazio è la rappresentazione plastica delle battute da bar o da autobus che noi "anime belle" bolliamo come populistiche. Quel "sono tutti ladri" ed è "tutto un magna magna" ha trovato nei racconti e nelle comparsate televisive di Fiorito una mortificante e deprimente epifania. Presi tutti, tutti, con le mani nella marmellata. E tutti che, come bambini discoli, provano a nascondere le mani sporche.

Forse è il caso che ci si interroghi su quel che sta avvenendo, sul degrado della politica italiana. È il caso che ci si interroghi sulle conseguenze che questi scandali possono avere e sulla distanza che appare sempre più incolmabile tra i "garantiti" dei Palazzi e i "non garantiti". È difficile elaborare e confezionare una ricetta. Ma proprio perché crediamo al valore "alto" della politica, chiediamo che non si chiuda gli occhi su quel che è successo alla Regione Lazio. Uno scandalo, è bene ricordarlo, giunto nemmeno sei mesi dopo quello che ha investito la Lega Nord.

Perché un Paese, i proprio cittadini, devono poter fidarsi di chi li governa. Altrimenti si finisce al tutti contro tutti. Chi ha il potere, l'influenza, il carisma, per poter deviare il corso delle cose, lo faccia. Chi può dimostrare e testimoniare col proprio vissuto quotidiano che "non sono tutti ladri" e "non è tutto un magna magna", si faccia avanti. Che qui, altrimenti, la situazione diventa di difficile gestione.

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