Secondo gli addetti ai lavori, il 30% delle domande di emersione, nella sanatoria in corso, riguarderanno il settore dei servizi alla persona. In altre parole: tate, colf e badanti. In Italia, nel 2010, risultavano oltre 870mila lavoratori domestici iscritti all'Inps, per la massima parte donne e straniere. A questi vanno aggiunti almeno altri 200mila impiegati in nero. Sono loro che permettono a questa Italia, priva di welfare, di andare avanti. E a loro abbiamo deciso di dedicare un'ampio spazio in questo numero, soffermandoci però più sugli aspetti esistenziali che su quelli statistici legati alla loro presenza, e provando anche a far scorrere quel sul filo invisibile che lega indissolubilmente queste donne alle loro datrici di lavoro. Con poche eccezioni, infatti, la cura (di case, anziani, malati e bambini), esercitata direttamente o delegata, rimane una faccenda tutta al femminile.
Daniele Piacentini ci racconta il suo giro nel "parco delle badanti" di Brescia, mentre Luigi Riccio ha intervistato le rappresentanti di Nosotras e Alma Terra, storiche associazioni di sostegno a queste lavoratrici. Josè Aguayo, psicoterapeuta peruviano attivo a Ravenna, ci parla del malessere e dei sensi di colpa di una sua paziente, badante in Italia con la figlia lontana. E la sottoscritta contribuisce con una riflessione sugli orfani della globalizzazione e sul prezzo altissimo che le donne, straniere ma non solo, pagano per lavorare.
Da Gradisca d'Isonzo, che ospita uno dei Cie più agghiaccianti d'Italia, ci arriva la storia di Radouane, che dimostra, ancora una volta, come queste strutture siano delle zone costituzionalmente franche, nel senso che al loro interno cessano di valere i diritti fondamentali stabiliti dalla nostra Costituzione. Della "salute che non Cie", si parla diffusamente, questa settimana, anche nella rubrica Lasciamoli Uscire. Stefano Galieni prende spunto da un'altra storia di malasanità, quella di Omar, per sviscerare l'argomento con il portavoce dell'associazione Medici per i Diritti Umani.
Marco Omizzolo ci annuncia che la tradizionale iniziativa Puliamo il mondo quest'anno, a Sabaudia, avrà una forte connotazione multiculturale: coinvolgerà infatti la comunità sikh. Si tratta di una collaborazione rilevante, di un piccolo importante passo avanti in direzione civiltà, e non di una semplice nota di colore. Francesca Materozzi ci dimostra invece che la voglia di rompere le scatole agli immigrati in alcuni contesti può raggiungere vette sublimi, arrivando a sconfessare i fondamenti del liberismo più classico. Succede a Prato, comune amministrato da una giunta di centro destra che alle virtù del libero mercato dovrebbe credere ma che ha appena sfornato una nuova ordinanza anti-kebab con motivazioni per così dire "protezioniste".
Vi segnaliamo infine un articolo/appello firmato da una delle più brave giornaliste sociali attive oggi in Italia. Emanuela Zuccalà, con la fotografa Simona Ghizzoni (che per inciso ha recentemente vinto il suo secondo World Press Photo) ha passato molto tempo negli ultimi mesi tra le donne saharawi, confinate nei campi profughi dell'Algeria. Ha raccolto le loro storie, documentato le loro sofferenze e anche il ruolo paradossale delle Nazioni Unite in questa vicenda infinita. Qui ci parla della sua esperienza e del suo progetto: mettere tutto questo in un documentario. Per realizzarlo lei e Ghizzoni hanno deciso di ricorrere alla formula del crowd funding. Da oggi sono on line per la raccolta di fondi.
Ma in questo numero c'è anche molto altro: parliamo di libri, diritti, sanatoria, cinesi che fanno gli scalpellini tra le montagne del cuneese e piccoli rom rimasti a piedi.
Buona lettura e buon inizio settimana!
Stefania Ragusa