"Mai lo studio fine a sè stesso, la Parola per lui conservava il calore originario del roveto ardente".
"E' stato un grande innovatore, un uomo coraggioso e perciò anche temuto, ha saputo dimostrare che la Chiesa può dialogare col mondo moderno e con le culture, lo ha fatto proprio grazie alla sua cultura, mai ostentata" così Padre Livio Passalacqua, superiore della comunità dei gesuiti di Villa S. Ignazio, ricorda l'amico e compagno di studi Carlo Maria Martini, scomparso sabato scorso nella casa dei gesuiti di Gallarate, lo stesso luogo dove entrambi passarono il loro periodo di studi filosofici negli anni '50: "siamo stati compagni di studi per due anni, ricordo che quando ci davano quella che chiamavamo "ora d'aria" avevamo occasione di discutere sulla società di allora e lui già dimostrava una profonda saggezza, equilibrato nei rapporti personali perchè limpido di cuore: gli sono riconoscente per essere venuto a Villa S. Ignazio due volte e per aver dimostrato di saper cogliere che quella predisposizione al dialogo che deve essere distintiva nella Chiesa qui noi l'avevamo messa in pratica".
"Lo incontrai anni dopo a Genova per un periodo di ritiro e riusciva ad avere un'autorevolezza naturale" continua padre Livio ricordando la figura del compagno gesuita, cardinale e vescovo di Milano: "sapeva cogliere e valorizzare tutto ciò che è dialogo ed incontro, non era un freddo esegeta: per lui la Parola era come il fuoco del roveto ardente, che brucia, purifica, e ti fa togliere i sandali; è stato un servitore del Concilio Vaticano II e ne ha attualizzato il messaggio.
Sembra paradossale dirlo ma a modo suo era tradizionalista, un tradizionalista autentico, ma guardava a tutta quanta la tradizione, fino in fondo, non come alcuni tradizionalisti che perpetuano idee raccolte dalla generazione precedente o poco più, lui considerava tutta la tradizione andando in profondità. Gesù era la sua tradizione, e prima ancora Abramo: solo così ha saputo immaginare la Chiesa della modernità ed anche denunciarne i difetti, una denuncia sofferta, addolorata".
Comunicato stampa
Ufficio Stampa Fondazione S. Ignazio