A Padova la lezione di Berry Brazelton, uno dei pediatri più celebri al mondo.

SARA RICOTTA VOZA

La sofferenza di un bambino ha sempre un prezzo. Che paga e pagherà lui per primo nella vita, ma che pagheremo anche noi tutti insieme come società. E non sarà un prezzo da poco. Finora non si è sentito il bisogno di quantificare questi danni collaterali che un sistema in crescita forse pensava di potersi permettere. Oggi che la crisi impone tagli e spending review in ambiti delicati come scuola e sanità, forse è arrivato il momento di andare a vedere a quanto ammonterebbe la spesa e su chi graverà. Il primo a togliersi dall'imbarazzo di mettere un cartellino del prezzo a tutto questo è Berry Brazelton, un signore di 94 anni che ha ricevuto da poco dalla Casa Bianca l'onorificenza di «Champion of Change». Pediatra con 60 anni di esperienza, docente alla Harvard Medical School e consulente di Barack Obama, nel discorso di ringraziamento al presidente ha citato studi econometrici che dicono che «ogni dollaro speso per curare i disturbi nel primo anno di vita dei bambini ne fa guadagnare altri 17».

Doveva essere lui lo «special guest» al convegno che si è aperto ieri all'Università di Padova con un titolo che forse qualche tempo fa sarebbe stato tabù: «Quanto costa curare e non curare i bambini». I 94 anni del Professore non gli hanno permesso di essere materialmente nell'aula dove insegnò Galileo, ma le sue parole e il suo nome sono risuonati spesso nelle relazioni dei colleghi italiani. «Sappiamo molto sulla relazione tra un bambino che soffre e l'adulto che sarà - sostiene Brazelton - Per la scienza la deprivazione nel grembo ha effetti negativi sulla salute che durano tutta la vita, lo stesso vale per gravi avversità durante la prima infanzia. Investire nella prevenzione può trasformare il sistema sanitario mantenendo le persone in salute e riducendo i costi». La conclusione: «Una forza lavoro più sana e un sistema sanitario sostenibile significano una nazione più forte».

La teoria di Brazelton deve avere fatto breccia anche in Italia se l'organizzatrice del convegno, la professoressa Graziella Fava Vizziello, docente di psicopatologia, riporta che anche «secondo gli analisti del nostro Ministero della Salute curare i bambini porterebbe a un aumento di un punto di Pil all'anno». Ma i bambini italiani stanno così male? A sentire psicologi, psicoterapeuti e psichiatri a convegno si direbbe di sì, con patologie in aumento e situazioni di disagio nuove. «Aumentano la depressione e la dipendenza da computer, e ci sono nuovi disagi legati alla disoccupazione dei genitori, alle missioni di pace all'estero e alla crescita dei bambini sopravvissuti a malattie un tempo mortali», elenca la Prof.ssa Fava. «I padri che vanno via con il rischio di morire portano scompensi gravissimi nei figli, mentre i tanti bambini un tempo inguaribili avranno comunque una vita difficile e andranno seguiti assieme ai loro genitori e ai loro fratelli, che sempre più spesso sviluppano patologie per essersi sentiti messi da parte».

Bambini non curati come questi potrebbero un giorno avere patologie psichiatriche. «Secondo l'Oms nel 2020 la depressione sarà la prima causa di perdita economica», ha spiegato Francesco Amaddeo, docente di Psichiatria a Verona. «Parlando di costi la schizofrenia è fra le più costose». Secondo uno studio italiano del 2000, i costi diretti annui per paziente ammonterebbero a quasi 8000 euro, quelli indiretti a 19mila». «Uno studio inglese stima che il miglioramento nella distribuzione di abilità cognitive ridurrà la povertà del 2,2%», dice il professor Perali, ordinario di Politica economica. Che citando il Nobel Heckman, secondo cui non si deve parlare solo di investimento sulle capacità cognitive ma anche su quelle di comportamento e bontà di relazioni umane, invita a chiedersi «con quale asset di capitale umano vogliamo fare crescita». Anche questa è economia.

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