ALAIN ELKANN

Ronald Cohen, lei è stato uno dei pionieri del «Venture Capital» e del «Private Equity». Dopo aver studiato a Oxford e Harvard, dopo aver lavorato negli Usa per McKinsey ha fondato a Londra Apax Partners con due altri soci. Dopo un grandissimo successo ha deciso di cambiare vita a 60 anni, dedicandosi all'«Investimento sociale». Potrebbe spiegare di che cosa si tratta?

«Siamo tutti coscienti del fatto che la crescita imprenditoriale fa aumentare lo standard medio di vita. Nello stesso tempo, però, questo crea un gap sempre più grande tra i ricchi e i poveri. Fin dall'inizio del XX secolo si è arrivati alla constatazione che il nostro sistema economico e sociale non tiene in sufficiente considerazione le conseguenze sociali».

Ma in che senso?

«I problemi sociali non conoscono la stessa reazione immediata al pari, per esempio, di una crisi economico-finanziaria».

Cosa intende per problemi sociali?

«La povertà. Il problema delle persone che non hanno una casa, l'istruzione, la sanità, i problemi degli anziani, dei non vedenti, dei disabili e naturalmente la criminalità e il suo recidivismo».

Dunque?

«Fin dall'inizio del XX secolo nasce il concetto di filantropia, che ha avuto un ruolo molto importante ma non era in grado di risolvere i problemi sociali. Adesso che la filantropia esiste da più di 100 anni, attraverso per esempio le fondazioni, ci si è resi conto che pur avendo avuto un ruolo utilissimo i problemi persistono e a volte peggiorano».

Che cosa ha pensato di fare?

«Dopo la II guerra mondiale i governi hanno sviluppato il concetto del Walfare State, soltanto che oggi i governi sono senza denari; e questo sia in Europa, sia negli Usa. Le persone che vengono lasciate indietro non riescono a uscirne e rimangono emarginate. Il Ministero del Tesoro inglese nel 2000 mi ha chiesto di occuparmi di questo problema e per dieci anni ho cercato di fare il meglio possibile costituendo una task force appunto nell'investimento sociale».

E che cosa avete fatto?

«Quello che abbiamo realizzato è che tra il settore privato e quello pubblico ne esiste un terzo che è il settore sociale, che assume delle responsabilità attraverso organizzazioni che non hanno scopo di lucro. Abbiamo scoperto che questo settore nel mondo è gigantesco, vi sono 100 miliardi di sterline nelle fondazioni caritatevoli in Gran Bretagna con 800mila persone che vi lavorano; negli Usa 700 miliardi di dollari e 9 milioni di persone a lavorare. In Europa 11 milioni di persone lavorano nelle organizzazionino-profit e caritatevoli. Ma il denominatore comune di queste organizzazioni che provvedono ai servizi necessari per i poveri e i malati è che non hanno danari sufficienti per un periodo più lungo di qualche mese. Il nostro compito è quello di mettere gli organismi sociali nelle condizioni di accedere al capitale come una qualsiasi altra impresa. Abbiamo quindi creato delle obbligazioni (Social Impact Bonds) che attraverso un contratto con lo Stato hanno un reddito che varia a seconda dell'efficacia. In altre parole, se si riesce per esempio a fare abbassare il tasso di recidività della criminalità che oggi è superiore al 60% entro un periodo di un anno dopo la scarcerazione, il governo paga una parte del risparmio che questo comporta per lo Stato».

Sir Cohen, perché si occupa di questo?

«Io sono un ragazzo degli anni Sessanta, una generazione idealista come del resto quella dei nostri figli. Quando ho lasciato l'università di Oxford volevo fare qualcosa che aiutasse la società, e questo desiderio mi ha portato al Venture Capital. La nostra società è instabile per via dei problemi sociali e io cerco di fare le stesse cose che ho fatto nel mio lavoro di Venture Capital per il sociale. Abbiamo per esempio creato una banca di investimenti sociali che si chiama Big Society Capital di cui sono il presidente dove abbiamo 600 milioni di sterline di capitale e sviluppiamo fondi di investimento a fondo sociale. Questa trasformazione del Social Investment può diventare enorme per aiutare i governi privi di fondi».

Lei opera anche molto in Israele?

«Sì, cerco di costruire una banca sociale di investimento anche in Israele e di emettere anche lì dei Social Impact Bonds. Ci occupiamo soprattutto degli ebrei ortodossi che cercano aiuto per istruirsi e trovare un impiego, e degli israeliani arabi che hanno bisogno di formazione per trovare un impiego».

Ma qual è la filosofia di questo?

«Aiutare il paese a integrare fette di popolazione che oggi sono emarginate dalla vita economica per mancanza di conoscenza e istruzione».

Lei si occupa anche di lavorare per costruire una pace tra Israele e Palestina?

«Sì, ho creato con Sir Harry Solomon il Portland Trust nel 2003 che lavora sulla dimensione economica del conflitto israelo-palestinese».

Vuole dimostrare che dopo una carriera di successo è quasi un obbligo morale dedicarsi a quelli che hanno avuto meno fortuna?

«Sì, è così. Ho lo stesso sentimento che avevo negli Ottanta all'inizio del mercato del Venture Capital. Ma la vera soddisfazione viene da un reale equilibrio tra ciò che si fa per sé e ciò che si fa per gli altri».

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