World digital map. Si chiama così l'ultimo miracolo della Rete: una mappa in continuo aggiornamento che, come scrivono i creatori, possa «essere di aiuto a chi in questo momento sta cercando lavoro in ambito digitale». Come? Facendo una sorta di censimento delle «realtà digitali» nel mondo. Il tutto, gratis.
World digital map. Si chiama così l'ultimo miracolo della Rete: una cartina geografica in continuo aggiornamento che, come scrivono i creatori, possa «essere di aiuto a chi in questo momento sta cercando lavoro in ambito digitale, lanciando la sua startup, ha fondi da investire, può offrire uno spazio di coworking». Come? Facendo una sorta di censimento delle «realtà digitali» nel mondo. Perché quei puntini sulla cartina, scrivono, sono la dimostrazione «che se si vuole fare si fa». Il tutto, senza fini di lucro. «Lo doniamo alla Rete», si legge, «sperando possa essere un segnale concreto e un aiuto per tanti».
L'ispirazione per Matteo e Filippo Sarzana ed Eros Verderio, tutti e tre manager e sviluppatori in società digitali di Milano, è arrivata da City of New York, la mappa delle imprese digitali della Grande Mela sviluppata dal giovane designer Mike Bodge. «Dopo varie discussioni», scrivono, «ci siamo resi conto che, vista la situazione economica in cui viviamo, fosse arrivato il momento di fare qualcosa anziché sedersi e aspettare che il peggio arrivasse».
La mappa individua le diverse tipologie di «realtà digitali», dalle giovani start up alle compagnie più solide e anziane. E nel pieno spirito della Rete, è aperta ai contributi degli utenti per piazzare nuove bandierine che segnalino imprese, investitori o spazi di coworking nel mondo. L'Italia è, come dicono gli stessi creatori, l'area più aggiornata. Con 465 «realtà digitali». Il nostro Paese, in effetti, è stato il primo a essere mappato con il progetto "MappedIn Italy". Ma anche gli altri Paesi, dal Brasile alla Cina, cominciano a essere colorati con i cerchi che indicano la presenza di realtà d'impresa digitali. «Vogliamo dimostrare», scrivono Matteo, Filippo ed Eros, «che ci sono ancora persone che credono che il mondo sia un posto per lavorare».
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