E' ormai diffusa su larga scala e, per la sua natura, sfugge ai controlli e alle statistiche. Per le donne coinvolte è molto più difficile chiedere aiuto.

Durante lo scorso decennio, la prostituzione indoor, esercitata in club, night e appartamenti, ha assunto una quota crescente e significativa del mercato prostitutivo. In estrema sintesi, dalla fine degli anni '80 fino ai primi anni del 2000, la prostituzione in appartamento era un fenomeno molto limitato a livello quantitativo, che coinvolgeva principalmente da una parte donne italiane e dall'altra transgender italiane e straniere, per la maggior parte in forme auto-determinate.
Dal 2000 in poi l'offerta di prostituzione in appartamento, specie attraverso canali pubblicitari online, è aumentata in modo consistente, diventando un rilevante campo d'azione e di sfruttamento, sia per singoli e per piccole reti criminali, che per alcune organizzazioni della tratta. Oggi, a detta di tutti gli osservatori, operatori sociali ed esperti, la prostituzione in appartamento rappresenta un business in continua espansione, capace di assorbire una domanda maschile di prestazioni sessuali a pagamento che, alla faccia della crisi, in Italia non appare certo in diminuzione. Nonostante l'implementazione, negli ultimi anni, della normativa nazionale anti-tratta e il consolidamento degli interventi delle organizzazioni del terzo settore per i diritti sociali delle donne, delle transgender e degli uomini oggetto di tratta, il fenomeno prostitutivo nel suo complesso (soprattutto nelle diverse forme di sfruttamento e assoggettamento presenti al suo interno), sembra oggi più articolato e diffuso di dieci anni fa.

Va sottolineato che su questa profonda trasformazione hanno inciso molti fattori sociali e politici, fra cui in primis le legislazioni securitarie nazionali e locali relative a immigrazione, sicurezza e ordine pubblico, con la messa in campo di politiche repressive (ordinanze anti-prostituzione, aumento delle retate in strada) mirate alla diminuzione della visibilità della prostituzione in strada. Ma queste politiche securitarie sembrano avere determinato effetti paradossali e perversi: diminuzione della sicurezza per le sex worker in strada, aumento dell'offerta prostitutiva in appartamento, maggiore isolamento sociale delle donne oggetto di tratta e di sfruttamento sessuale, aumento del potere delle organizzazioni criminali. Ciò che appare evidente negli ultimi anni è la creazione o il rafforzamento di nuove fasce di mercato: l'emersione di una vasta offerta prostitutiva al chiuso, sia volontaria che coatta, nei locali e soprattutto negli appartamenti ne è l'indicatore più significativo e conosciuto. Per rendersene conto, è sufficiente effettuare una semplice ricerca su Internet: decine di siti, sia generalisti che "specializzati", si contendono la domanda. Accanto a siti in cui, a forme esplicite di offerta sessuale con tanto di fotografie, vere e "ritoccate", numero telefonico e indicazione della zona in cui è situato l'appartamento, ve ne sono altri che contengono annunci di prostituzione "mascherata", in genere attraverso offerte di massaggi. Alcune recenti indagini penali hanno ipotizzato l'esistenza di piccole reti criminali capaci di estorcere prezzi ragguardevoli alle inserzioniste, ma non è possibile generalizzare questo dato.

Vediamo ora più da vicino la percezione del fenomeno attraverso alcune esperienze di intervento e di ricerca, raccolte da realtà cooperative e associative che si occupano da anni del contrasto alla tratta e alla riduzione del danno a favore delle sex worker. La cooperativa Lotta contro l'Emarginazione, fra le poche realtà in Italia che attua un intervento specifico sulla prostituzione indoor, stima che a livello quantitativo vi sarebbero, a Varese e provincia, un'ottantina d'appartamenti, in cui esercitano da una a massimo tre persone. Nella prostituzione in appartamento, dove, secondo gli operatori, vi è spesso il controllo diretto di singoli o di reti organizzate, sarebbero presenti soprattutto latinoamericane -sia donne che transgender-, est europee (ucraine e rumene), italiane e pochissime africane.

Alcune condizioni ed elementi centrali della prostituzione coatta su strada, osservati negli anni da questa cooperativa, sembrano in parte riprodursi negli appartamenti, come il pagamento di denaro per potere "esercitare", condizioni di sorveglianza e di limitazione della libertà personale, e la presenza di una filiera dello sfruttamento composta sia da soggetti italiani che stranieri. Vi sarebbe anche una diversificazione delle condizioni dello sfruttamento, a seconda delle nazionalità coinvolte e del diverso potere contrattuale delle donne e delle transgender.

Una ricerca del 2010 condotta a Firenze dalla cooperativa sociale CAT  ha mappato la prostituzione in appartamento, confrontandola con quella su strada. Il dato più significativo, oltre al fatto che è stato registrato un rapido e significativo aumento dell'offerta di annunci online di prostituzione in appartamento, riguarda la diversa composizione dei soggetti nei due contesti. Da una parte vi è l'assenza negli appartamenti di sex worker provenienti dai Paesi non comunitari dell'est Europa e dalla Nigeria, che sono invece molto rappresentate in strada e dall'altra parte è notevole l'incidenza negli appartamenti di donne e transgender italiane e asiatiche, la cui presenza in strada è invece assai marginale. In particolare è da sottolineare il dato relativo alle donne cinesi, quasi assenti in strada, ma che risultano molto presenti negli annunci prostitutivi online negli appartamenti. E' presumibile che questo tipo di prostituzione cinese sia egemonizzato da piccole organizzazioni criminali, composte sia da soli cinesi (uomini e donne), che miste (italiani e cinesi).

Infine, è da citare il lavoro effettuato da Tampep  rete europea di associazioni attive nelle lotte per l'autodeterminazione delle sex worker. Tampep ha curato nel 2009 un'interessante ricerca sulla prostituzione, comparando 25 stati europei, da cui è possibile estrapolare alcune stime globali. La ricerca stima, nel 2008, un'altissima incidenza percentuale di donne migranti sul totale delle sex worker donne in Italia, pari al 94%, rapporto che scende leggermente, al 79%, per le transgender. La suddivisione in segmenti conferma l'alta offerta nell'indoor (40% del mercato), cioè in club, night e appartamenti, anche se la ricerca sostiene che la maggioranza di offerta  continui a concentrarsi in strada.

In generale, per le donne contattate dall'associazione i tempi di permanenza a Torino sono ridotti, non superiori a qualche mese. Le ragazze vengono continuamente fatte spostare da una città all'altra  proprio per evitare che, radicandosi in qualche modo sul territorio, possano tentare di uscire dal sistema. La sensazione riportata da una referente di Tampep è che oggi il mercato dell'indoor transgender sia così vasto e diversificato da sfuggire in larga parte sia agli operatori sociali che alle forze di polizia. Ciò, unito allo scarso eco del sommerso nel dibattito pubblico, sta determinando una sottovalutazione del fenomeno, che potrebbe avere effetti preoccupanti dal punto di vista dei diritti delle sex workers e della tutela della salute pubblica.

Andrea Cagioni

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