Luca Orlando

«A settembre siamo a zero, esattamente come lo scorso anno». Stefano Foschieri sorride, e con ragione. Ci riceve in un container, posto davanti alla facciata scheletrica dell'azienda che guida, la Eurosets, sventrata e inagibile da mesi.

Girando lo sguardo, a pochi passi, della Haemotronic non resta che un cumulo di macerie; lì sotto lo scorso maggio sono morte quattro persone.
Il doppio sisma che ha colpito l'Emilia qui a Mirandola ha picchiato duro, ma il distretto biomedicale si è già rialzato e anche se il 90% delle aziende ha avuto danni, quasi tutti ormai sono ripartiti, molti già al 100% della capacità produttiva. La crescita zero di Eurosets, 130 addetti e 18 milioni di ricavi, significa in realtà aver già recuperato tutto il tempo perso e dunque è un successo, frutto della voglia e della capacità di ripartire, come accaduto per l'intero distretto.

«Abbiamo spostato gli impianti in zona - spiega Foschieri -, dal 13 agosto siamo al 100%, anzi abbiamo assunto dieci interinali per lavorare su doppio turno, anche il sabato, e puntiamo a chiudere l'anno in crescita». Che da queste parti è un'abitudine diffusa, con il distretto capace in 20 anni di svilupparsi e quadruplicare i ricavi a 850 milioni, raddoppiare gli addetti a 4.500, far aumentare le aziende da 80 a 103.

Nato nel 1962 dall'intuizione di Mario Veronesi (si veda altro articolo in pagina) e specializzato inizialmente nei prodotti usa e getta in plastica per dialisi, plasmaferesi e terapie trasfusionali, il distretto è presto diventato oggetto di interesse per le multinazionali, attratte qui dai prodotti innovativi che il territorio riusciva a sfornare, dal patrimonio di competenze che si andava costruendo, dall'importante mercato interno trainato dal settore pubblico.

Tedeschi, svedesi e americani hanno investito qui a Mirandola sviluppando aziende come Gambro, Bellco (ora passata al fondo Charme), B.Braun, Covidien, Fresenius.

«L'investimento delle multinazionali - spiega Giuliana Gavioli, responsabile di Confindustria Modena per il biomedicale e dirigente B.Braun - è stato determinante per far crescere l'indotto. E questo è un valore importante, perché qui si trova tutto velocemente, spesso nel raggio di pochi chilometri». La tedesca B.Braun, 50 milioni di ricavi con 230 addetti, punta sugli apparati per dialisi e aferesi e anche qui la produzione è già a pieno regime. «Sono trattamenti salva-vita - spiega -, fermarsi un mese significa perdere per sempre il mercato, ci siamo rimboccati le maniche resistendo, abbiamo detto no a un possibile trasferimento temporaneo a Milano, ci siamo fatti trovare fermi e determinati davanti al board tedesco. Così, la discussione se restare o meno dopo il sisma non si è mai neppure aperta».

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