L'occasione di confronto e preghiera nella città simbolo delle divisioni. Le parole di Monti e Van Rompuy: «L'Europa è un progetto di pace».
Silvestro Rivolta
SARAJEVO - I rappresentanti di tutte le religioni attorno allo stesso tavolo, a Sarajevo, Bosnia-Erzegovina, a vent'anni esatti dall'inizio della guerra fratricida che insanguinò l'ex Jugoslavia, e soprattutto la Bosnia tra il 1992 e il 1995. La città sarà fino a domani la capitale del dialogo grazie alla volontà della Comunità di Sant'Egidio, organizzatrice del meeting annuale intitolato quest'anno "Vivere insieme è il futuro".
DIALOGO E PREGHIERA - «L'iniziativa - spiega Giorgio Del Zanna, membro della Comunità - nacque nel 1986 da un'idea di Giovanni Paolo II, che organizzò il primo incontro ad Assisi, città di san Francesco, uomo di pace». L'incontro si tiene ogni anno in una città diversa dell'Europa e del mondo. Nel 1993 toccò a Milano. È occasione ormai regolare di incontro per i capi di molte, e molto diverse, confessioni religiose del mondo. L'obbiettivo è pregare gli uni accanto agli altri e dialogare. «Non si prega assieme - precisa Del Zanna -, ma si prega vicino. Non vogliamo una preghiera che vada bene a tutti, una specie di sincretismo religioso, ma che le diverse religioni preghino con la propria modalità l'una accanto all'altra per la pace». L'altro obiettivo è il dialogo. «Ci hanno criticato dicendo che il dialogo in fin dei conti serve a poco - aggiunge Del Zanna - ma noi crediamo che il dialogo sia già di per sé un successo». Nel 1990 in occasione di uno di questi incontri cominciarono i contatti che avrebbero portato all'accordo di pace tra le diverse fazioni da lungo tempo in lotta in Mozambico.
IL VERTICE - Ieri al centro conferenze Skenderija, costruito per le olimpiadi invernali a Sarajevo del 1984, si sono incontrati tra gli altri il gran Mufti di Bosnia-Erzegovina Mustafa Ceric, il Vescovo di Sarajevo Vinko Puljic e il Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba Irinej. Era la prima volta, dopo vent'anni, che il capo della Chiesa serba visitava Sarajevo. Durante la guerra le comunità croata-cattolica, Musulmana e Serbo-ortodossa si combatterono aspramente, e la religione fu usata come un forte fattore identitario. Il Patriarca Irinej ha preso la parola per primo: «Pace a voi». Ha poi definito la pace non come «uno stato di assenza di guerra, ma è la pienezza della vita sotto la benedizione di Dio, la totalità dei doni e dei beni divini, la salvezza e la beatitudine».
IRINEJ NELLA CHIESA CATTOLICA - Già ieri il Patriarca, partecipando alla messa nella cattedrale cattolica, era intervenuto dicendo che «la pace è necessaria» e invitando tutti all'impegno per essa. Il Patriarca si era augurato che «ci siano più occasioni per parlare di pace, la cosa più cara a tutti noi» e che «quello che è successo rimanga dietro di noi e non si ripeta mai in nessun posto». Sono state parole di grande significato se si considera chi le ha pronunciate e in quale luogo. Parole di riconciliazione anche dal gran Muftì che ha ricordato come le molte vittime meritino «il nostro sincero impegno per la verità, la giustizia, la pace e la riconciliazione, il nostro giuramento onesto a Dio e all'umanità che faremo tutto il possibile in modo che mai più capiti a nessuno quello che è successo qui».
«Non esiste un libro sacro che proclama la distruzione dell'altro e del diverso - ha detto Jakob Finci, rappresentante della comunità ebraica - anche se non concordano nel credere nell'unico Dio. Se siamo tutti creati ad immagine di Dio, e siamo creati differenti per poter concorrere al bene.» Vinko Puljic, vescovo di Sarajevo, ha invece ricordato che «senza la verità e la giustizia non c'è pace stabile e duratura». È poi intervenuto il Ministro per la Cooperazione Internazionale Andrea Riccardi, che nel 1968 fondò la Comunità di Sant'Egidio, basandola sulla preghiera e sul servizio ai poveri. Proprio sulla preghiera il Ministro ricorda e cita il cardinale Carlo Maria Martini: «Non c'è speranza che le guerre tacciano senza il cambiamento del cuore dell'uomo. Non c'è forza più potente della debolezza della preghiera». Riccardi, soddisfatto delle presenze numerose di rappresentanti religiosi, nota come proprio la religione sia stata spesso usata per fomentare l'odio. Oggi però «queste significative presenze - afferma Riccardi - dicono come le religioni non vogliono essere utilizzate per sacralizzare i muri tra le diverse comunità».
EUROPA PROGETTO DI PACE - Infine le parole del Presidente del Consiglio Mario Monti e il Presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy che uno dopo l'altro tessono le lodi del progetto europeo. Nelle loro parole è un progetto di pace grazie al quale da molto tempo molte persone non hanno più vissuto la guerra. Europa, ricorda Van Rompuy, è «la somma delle parole greche Eurys che significa "larga" e Ops che significa "vista", che dà come risultato Europòs.» Una "visione larga" che «affronta oggi - secondo Monti - una crisi più profonda di quel che sembra». Un progetto, aggiunge ancora Monti che ha «il suo pinnacolo nell'Euro, cioè un'unica moneta per i popoli europei, che è stato e forse è ancora in pericolo».
L'HAGGADAH - Negli interventi, tutti di alto profilo, si avverte una sincera dedizione al dialogo e alla pace, in quello che la Comunità di Sant'Egidio definisce "lo spirito di Assisi", dove si svolse il primo di questi incontri. Di grande significato anche il gesto del Gran Muftì che durante la conferenza ha simbolicamente restituito a Oded Wiener, gran rabbino di Israele, l'Haggadah di Sarajevo, uno tra i libri più preziosi al mondo. L'Haggadah è un'antologia di storie, di versetti, di preghiere della festa della Pasqua ebraica. Quella di Sarajevo fu scritta e miniata in Spagna dalla comunità sefardita nel 14° secolo. Cacciati gli ebrei dalla Spagna fu salvata dalla distruzione diverse volte, anche da cattolici. Durante la seconda guerra mondiale e poi durante l'assedio di Sarajevo fu salvata e custodita da musulmani. «Questo manoscritto tra i più prestigiosi al mondo - ha osservato Van Rompuy - è per me davvero il simbolo vivente di questa città eccezionale. Questa Haggadah porta in sé la multiculturalità così come tutti i destini di tutti coloro che l'hanno posseduta, conservata, salvata».