Tra gli inquirenti sta prendendo piede l'idea che di fronte allo scoglio di Lampione non sia affondata alcuna nave. La versione del naufragio e dei 79 dispersi sarebbe stata concordata per consentire agli scafisti di riprendere il mare senza affanni (a proposito, anche i due cadaveri  ripescati  finora avrebbero fatto parte dell'accordo o sono da considerare danni collaterali?).

In questo momento non abbiamo elementi per pronunciarci, ma certo preferiremmo che non ci fossero dispersi incagliati in fondo al mare. Ciò però di cui siamo sicuri è che questioni come quelle degli sbarchi, del rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali, dei rimpatri di massa continuano a non trovare posto nell'agenda politica italiana. Eppure non sono piccole cose: su questi aspetti si misura la civiltà di una nazione.

Vedendo il modo in cui molti mezzi di informazione stanno riportando le notizie degli sbarchi, abbiamo anche il timore che si possa riattivare quel doppio binario (visto chiaramente lo scorso anno a Lampedusa) che porta a distinguere tra immigrati buoni (che meritano la protezione umanitaria) e cattivi (da rimandare a casa, magari facendoli passare prima da un Cie) non sulla base delle singole storie ma su quella della provenienza geografica. Francesca Materozzi ce ne parla nel suo articolo, scritto dopo essere tornata a Lampedusa a un anno di distanza dalla cosiddetta emergenza Nord Africa.

A Lampedusa, un anno dopo, è tornata anche Alessandra Ballerini, che nella sua testimonianza focalizza l'attenzione sul nodo irrisolto del trattamento riservato, dopo gli sbarchi, ai minori non accompagnati. Ballerini, pur essendo inviata da un'organizzazione umanitaria che si occupa specificatamente di minori e che a Lampedusa ha già operato, non ha potuto mettere piede nel da poco riattivato Centro di contrada Imbriacola dove sarebbero rinchiusi anche dei ragazzi: bambini in gabbia, appunto.

L'apertura di questo quarto numero è dedicata a un particolare gruppo di migranti richiedenti protezione umanitaria: quelli in fuga dall'omofobia. Persone omosessuali, transessuali, transgender che rischiano la prigione e a volte anche la vita a causa del loro orientamento sessuale. Così non dovrebbe essere, ma l'Europa gestisce le loro richieste con grande discrezionalità e vistose differenze da paese a paese.

In questo numero ci occupiamo anche delle seconde generazioni, termine improprio ma divenuto ormai di uso comune per indicare i figli dei migranti, nati o cresciuti in Italia. Come era Abdoul Guibre detto Abba, di cui tra pochi giorni ricorre il quarto anniversario della morte. Abba fu ucciso a bastonate per avere rubato un pacco di biscotti. Lo scorso 2 agosto la Cassazione ha eliminato le aggravanti a carico dei suoi assassini, con motivazioni che hanno dell'incredibile. Ce ne parla con  precisione e puntualità Carlo Trombino.  Ma di seconde generazioni e delle loro ìmpari opportunità nel mondo dello studio e del lavoro parliamo anche attraverso la storia di Sima a cui sembrava essere precluso lo stage.

Non poteva mancare, poi, un approfondimento sulla sanatoria 2012, giunta quasi al nastro di partenza: una sanatoria che sembra essere stata modellata pensando a datori di lavoro facoltosi e generosi e non a persone che chiedono di uscire dalla clandestinità.

Vi segnaliamo, infine, un reportage dal Togo, che propone un'altra immagine dell'Africa, lontana dagli stereotipi utilizzati di solito nella narrazione di questo continente: la fame, la guerra e il tempo immobile. Come mai ne parliamo su Corriere Immigrazione? Perché le rappresentazioni per luoghi comuni contribuiscono non poco ad oliare i meccanismi di esclusione e separazione. Perché il razzismo si nutre anche di esse.

Buona lettura e buon inizio settimana!

Stefania Ragusa

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