Luca Michetti
Matteo Lecis Cocco-Ortu è un ingegnere edile di 30 anni diventato consigliere comunale con la nuova giunta di Cagliari guidata dal sindaco Massimo Zedda. Un'innovazione in Sardegna, che potrebbe essere un esempio valido per tutta l'Italia. «Cagliari sta vivendo una stagione unica dal punto di vista politico», dice Lecis. «Per la prima volta, dopo 20 anni consecutivi di amministrazione conservatrice, la città è governata da un sindaco progressista di meno di quarant'anni, da una giunta in cui le donne superano gli uomini sei a quattro e da una maggioranza composta per più del 60% da consiglieri alla prima esperienza in consiglio comunale».
CAGLIARI - Matteo Lecis Cocco-Ortu è un ingegnere edile di 30 anni, diventato consigliere comunale con la nuova giunta di Cagliari guidata dal sindaco Massimo Zedda. Un'innovazione in Sardegna, che potrebbe essere un esempio valido per tutta l'Italia. La squadra che amministra il capoluogo è unica nel suo genere: molti i giovani e quote rosa rispettate appieno. «Cagliari sta vivendo una stagione unica dal punto di vista politico.
Per la prima volta, dopo 20 anni consecutivi di amministrazione conservatrice, la città è governata da un sindaco progressista di meno di quarant'anni, da una giunta in cui le donne superano gli uomini sei a quattro e da una maggioranza composta per più del 60% da consiglieri alla prima esperienza in consiglio comunale», dice Lecis. Un'amministrazione «che sta puntando sulla trasparenza e sulla partecipazione, sul ristabilire un sistema di regole uguali per tutti, sulla volontà di non tagliare i servizi sociali e di uscire dalla logica assistenziale, che sta investendo sulla mobilità sostenibile cercando di cambiare una cultura che portava il cittadino cagliaritano medio a utilizzare l'automobile anche per fare 500 metri».
Lecis, com'è diventato consigliere comunale e perché?
Un anno fa ho deciso di metterci la faccia candidandomi per dimostrare che è possibile oggi fare politica dentro i partiti e nelle istituzioni per il bene della comunità, non sottostando a logiche conservative, clientelari e spartitorie, in modo propositivo e disinteressato. In più ho avuto la fortuna di poter sostenere un candidato sindaco vincitore delle primarie, Massimo Zedda, che rappresentava per Cagliari la possibilità di un reale cambiamento nel modo di amministrare la città.
Cosa pensa del Partito democratico?
Io credo fortemente nel Partito democratico, che se deciderà finalmente di abbandonare le sue lotte intestine e ombelicali tra aree, correnti e capibastone, può rappresentare il partito che riuscirà a coagulare le forze progressiste che sconfiggeranno le istanze di conservazione che ancora oggi immobilizzano l'Italia. Basta che riparta dal suo manifesto dei valori e da alcuni punti programmatici chiari su ambiente, lavoro e precariato, diritti civili, modello di sviluppo e agenda digitale. Quello che sta succedendo a Cagliari è quello che sta accadendo in tutte le città in cui le primarie sono state lo strumento attraverso il quale il centrosinistra è riuscito a confrontarsi per costruire un programma condiviso portato avanti dal rappresentante più credibile che si è messo in gioco.
Si è fatto un'idea del duello Partito democratico e Movimento Cinque Stelle che si sta svolgendo in questi giorni?
Credo che i cittadini siano stanchi di una politica urlata che mira ad attaccare l'avversario piuttosto che confrontarsi sui contenuti. E purtroppo penso che il dibattito di questi giorni abbia messo in luce che il nostro segretario nazionale è nervoso e non ha ben chiaro come la rete stia rivoluzionando la vita della nostra società, politica compresa.
In questo mese si sono delineati i tre candidati per la poltrona di segretario del Partito democratico, Vendola, Bersani e Renzi. Qual è a suo parere il migliore dei tre?
Se devo essere sincero nessuno dei tre. Vendola, ancora con il suo nome nel simbolo del suo partito è troppo legato a schemi politici ed economici del secolo scorso; Bersani nei fatti ha rappresentato finora la politica conservazione dei gruppi di potere che stanno immobilizzando il Pd e allontanando sempre più cittadini dal partito; Renzi sta dimostrando di concepire il ruolo di candidato alle primarie come uomo solo al comando. Il Pd ha invece bisogno di un segretario che abbia chiaro che la sfida del partito oggi è superare gli schemi che mettono in contrapposizione ancora oggi ex comunisti e democristiani e soprattutto che sia capace di fare squadra lavorando sui contenuti.
Tornando al lavoro della sua giunta, incuriosisce il significato di "Wikicrazia" e "Laboratorio di Partecipazione Politica".
Wikicrazia è un bellissimo libro di Alberto Cottica che parla delle politiche pubbliche al tempo della rete e dimostra come per cambiare il mondo il segreto sia attivare le persone rendendole cittadini attivi, motivati e creativi. Il «Laboratorio di Partecipazione Politica» è un'esperienza che ha coinvolto quest'anno un centinaio di giovani cagliaritani che hanno dato vita a dieci incontri in cui si sono confrontati con politici ed esperti parlando di comunicazione politica e di partiti, di fiducia ed economia della felicità, di diritti civili dell'ultima Italia, di carceri e di immigrati, di giovani indignati e impegnati, delle possibilità offerte all'Italia dal web e dall'agenda digitale europea, di lavoro e di precarietà. Dal laboratorio sta nascendo un circolo tematico su città, diritti e partecipazione, e che vuole rappresentare quel modello di circolo aperto, dinamico e libero sul quale è stato fondato il Partito democratico.
Vista anche la composizione della giunta di Cagliari, cosa ne pensa dei giovani che, secondo molti, sono stanchi della politica?
I giovani non sono stanchi della politica, credo che i giovani siano stufi dei discorsi della maggior parte dei politici che trovano spazio nei mass media. Per questo la rete è uno strumento importante per diffondere viralmente un modo di far politica differente, realmente attento ai bisogni dei cittadini e che si alimenta non attraverso il voto ogni cinque anni ma da un confronto continuo attento e consapevole. Credo che per questo sia importante superare il concetto di "entrare in politica": mi piace pensare a una società in cui l'impegno politico, la partecipazione attiva alla vita della polis, sia uno degli aspetti che entra a far parte degli interessi e delle occupazioni del numero più alto possibile di cittadini, come il lavoro, la famiglia e lo sport. Immaginare poi che per un periodo della propria vita alcuni mettono a disposizione le proprie energie, competenze e capacità per rappresentare gli interessi generali della società. Le dichiarazioni della maggior parte degli esponenti del governo Monti sulla "generazione perduta" fanno capire come la politica concepisca spesso anche i giovani come un problema e non come una opportunità. Il mondo che viviamo è radicalmente diverso da quello che immagina la generazione che siede oggi in parlamento e lo dimostra il surreale dibattito sulla riforma del mercato del lavoro in cui l'attenzione è stata completamente sviata da quello che rappresenta già oggi la maggiore criticità del sistema.
L'Italia uscirà dalla crisi? E come?
L'Italia ce la farà se una nuova classe dirigente decide di prendersi quei posti che le spettano, e non di stare ad aspettare che gli vengano concessi. Abbiamo bisogno di fare una lotta senza quartiere alla corruzione, al clientelismo, alle rendite di posizione e ai conservatorismi che rendono immobile il nostro sistema. E investire in formazione e innovazione, perché l'Italia è ricca di talenti e risorse che sono costrette a lasciare il nostro Paese per lavorare.
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