Pietro Greco
Nel documento con cui a inizio dello scorso mese di maggio la Fai (Federazione anarchica informale) ha rivendicato l'attentato a Roberto Adinolfi, l'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, c'è un esplicito riferimento alle nanotecnologie, considerate la fonte principale di inquinamento del futuro. All'inizio del mese di agosto, meno du un mese fa, con un'operazione congiunta delle polizie di Italia, Svizzera e Germania sono stati arrestate alcune persone di diversa nazionalità accusate di far parte dei gruppi di anarchici intenzionati a compiere attentati contro il Laboratorio di nanotecnologie che la IBM possiede a Zurigo.
Lo scorso anno, come rileva un lungo reportage pubblicato pochi giorni fa sulla rivista scientifica Nature ci sono stati almeno sei attentati dinamitardi ad altrettanti centri di ricerca sulle nanotecnologie in Messico, mentre svariati altri sono stati sventati. In uno di questi attentati due scienziati sono rimasti seriamente feriti. Ed è andata bene, secondo la polizia locale. Perché l'esplosivo impiegato poteva, potenzialmente, far crollare un intero edificio e causare molte vittime. Anche questo attentato viene attribuito a frange che si autodefiniscono anarchiche.
La domanda è scontata: perché questi gruppi violenti in nome dell'ecologia prendono di mira la ricerca nel campo delle nanotecnologie?
Non è possibile - non è né giusto né rigoroso - accostare atti di terrorismo alla normale, trasparente, pacifica e legittima espressione pubblica di protesta. Ma Nature ricorda che di recente ci sono state diverse manifestazioni contro le nanotecnologie in Francia a Grenoble, Rennes, Lione e Marsiglia. Per la verità altre ce ne sono state negli anni scorsi anche negli Stati Uniti e hanno coinvolto anche le municipalità.
Le domande che ci si pone sono due: come mai? Che effetti avranno?
Non è, quello contro le nanotecnologie, il primo caso di ecoterrorismo. Molti sono stati gli attentati contro uomini e cose che hanno coinvolto, per esempio, le nuove biotecnologie in agricoltura o la sperimentazione animale. Men che meno è la prima volta che nuove tecnologie - dal nucleare alle biotecnologie - sono oggetto di manifestazioni popolari di protesta, anche da parte di sparute minoranze.
Tuttavia sia gli attentati in Messico, in Svizzera e in Italia, sia le proteste pubbliche in Francia (e, per certi versi, negli Stati Uniti) presentano un'anomalia. Avvengono in nome dell'ecologia nei confronti di tecnologie sconosciute ai più. La sperimentazione animale e le biotecnologie sono conosciute al largo pubblico. Sono anche avversate da minoranze ampie, se non da vere e proprie maggioranze e comunque oggetto di pubblico dibattito. Quindi l'interesse sia degli ecoterroristi che compiono odiosi attentati e, in maniera ripetiamo incommensurabile, dei movimenti ambientalisti pacifici che protestano in maniera legittima e trasparente sono evidenti: acquisire un consenso di massa agendo su un nervo scoperto nel grande pubblico, la percezione del rischio e/o dell'opportunità etica.
Ma nel caso delle nanotecnologie tutto questo non vale. Sebbene siano considerate le tecnologie del futuro, nessuno - al di fuori di una ristretta cerchia di esperti e di curiosi - le conosce. Lo dimostrano una serie di indagini effettuate negli ultimi dieci anni sia in Nord America sia in Europa: la gran parte delle persone non ha la minima idea di cosa siano le nanotecnologie e lo riconosce. Di conseguenza non ha né una percezione del rischio nano tecnologico né ha scoperto un qualche nervo di natura etica in merito al loro uso.
E allora perché alcuni gruppi estremamente piccoli si concentrano, con mezzi lo ripetiamo, molto diversi sulle nanotecnologie? Non lo sappiamo. L'obiettivo può essere, semplicemente quello di rompere il muro dell'attenzione intorno a questo nuovo settore tecnologico che promette di avere un enorme impatto economico e di radicalizzare il dibattito. Oppure di radicalizzare il dibattito intorno a un tema non molto frequentato in modo da acquisire una certe egemonia su un pezzetto piccolo, ma esclusivo. Ovviamente non solo i mezzi, ma anche gli obiettivi dei gruppi terroristici possono essere diversi da quelli dei gruppi pacifici.
Non sapendo l'origine di queste attenzioni, non possiamo prevedere quali effetti avranno. Le nanotecnologie seguiranno il destino delle biotecnologie verdi e dovranno confrontarsi nella pubblica arena con un'opposizione di massa o, invece, seguiranno quello delle biotecnologie rosse (impiegate in medicina) e saranno accettate senza generare significativi contrasti?
Due fatti sono certi, tuttavia. Il primo è che i temi ambientali non solo entrano nel dibattito pubblico, ma utilizzano di volta in volta canali diversi. Il secondo è che occorre isolare i violenti, se vogliamo che il dibattito pubblico avvenga con serenità e saggezza. E l'unico modo per raggiungere questi obiettivi è aumentare subito il tasso di conoscenza pubblica. Far conoscere le nanotecnologie e analizzare con sistematica calma i rischi e le opportunità che offrono.