di Voices from the Blogs
Abbiamo già parlato della censura "tradizionale" (la censura 1.0) che lascia tracce evidenti del suo intervento: chiusura di siti o account, blocco dei social network o delle ricerche sui motori di ricerca. Ma c'è questa censura che "si vede" e una molto più sottile e difficile da intercettare, quella forse più pericolosa: la Censura 2.0, il vero e proprio salto di qualità del controllo delle opinioni in rete. Questo tipo di censura è stata identificata e ed è risultata visibile solo grazie a tecniche di sentiment analysis applicate a milioni di post cinesi nel corso del 2011. E i risultati sono sorprendenti.
Mentre la Birmania annuncia la fine della censura sui media, "The Great Firewall of China", così si chiama il progetto che opera la censura in Cina, tiene duro e si evolve. Dopo aver chiuso la divisione cinese dell'azienda nel 2010 per problemi legati proprio alla censura, a gennaio 2012 Google annuncia che avvertirà gli utenti, con un messaggio automatico, su possibili blocchi al proprio motore di ricerca attuati dal governo cinese a seguito di ricerche su parole sensibili. Non mancano i siti web chiusi per decisione governativa con gli immancabili Jingjing e Chacha, i poliziotti-cartoon che invitano a "comportarsi bene" (volete sapere ad esempio se il vostro sito è accessibile dalla Cina? Andate a verificarlo qui!).
Ma questa censura diretta ed evidente sembra essere solo un aspetto della limitazione di libertà di espressione: l'interesse principale del governo cinese sembra essere ben altro. Lo dimostra una ricerca condotta ad Harvard da Gary King, l'autore delle tecniche di analisi utilizzate da Voices from the Blogs in Italia. Contrariamente a quanto avviene in occidente, dove gli utenti di social media e motori di ricerca si concentrano su poche piattaforme (Facebook è bloccato, ma esiste RenRen, Sina Weibo sostituisce Twitter, e così via) in Cina esistono centinaia di architetture e piattaforme di blogging e social network (blog.sina, hi.baidu, voc, bbs.m4, tianya, ecc.) e per questo, il governo cinese impiega un numero di poliziotti della rete che oscilla tra le 20 mila e le 50 mila unità.
L'analisi di King ha analizzato oltre 1.300 fonti diverse nel corso del 2011 per un totale di oltre 3,5 milioni di post ed è emerso che la linea di censura attuata dal governo cinese è molto più sottile di un semplice blocco e comunque non direttamente percepibile dai navigatori. Fortunatamente, anche 50.000 poliziotti sono ancora un numero insufficiente di risorse umane per poter tenere sotto controllo l'intera rete e quindi King e collaboratori hanno potuto analizzare la differenza tra i blog appena pubblicati e gli stessi blog a distanza di poche ore o giorni. Ne sono emersi alcuni fatti interessanti.
Primo, ciò che viene censurato non sono le critiche al governo o ai politici locali (ce ne sono al vetriolo) ma tutti i messaggi che invitano ad aggregarsi per manifestare. Non importa che la manifestazione sia politica o meno, indistintamente tutti i post sul tema vengono accuratamente riscritti nelle parti in cui si parla di auto-organizzarsi o riunirsi. Un esempio tra tutti: a seguito del disastro di Fukushima, nella regione dello Zhejiang, si era sparsa tra la popolazione la voce infondata che il sale iodato servisse a ridurre gli effetti delle radiazioni. Subito si è verificata la corsa al sale con il conseguente esaurimento delle scorte. Alcuni post che invitavano a manifestare in piazza contro questa mancanza di approvvigionamento sono stati sistematicamente riscritti dai funzionari della polizia cinese. Altri esempi sono le proteste nella Mongolia centrale per la salvaguardia dell'identità culturale o la rivolta di Zengcheng dei lavoratori immigrati.
Secondo, la censura interviene in un arco temporale che va dalla stessa giornata a circa una settimana. Questo tipo di censura riguarda in modo sistematico circa il 13% dei post, indipendentemente dagli eventi considerati, a meno che non siano proteste organizzate dal governo stesso, nel qual caso non si opera censura. Alcuni temi scottanti sono lasciati volontariamente liberi o debolmente censurati (ad esempio il tema della politica del "figlio unico") mentre la pornografia sembra essere uno dei settori più controllati dalla censura. Inoltre, mentre è possibile criticare politici e agenzie governative, non è possibile parlare di censura e nominare i "censori".
Terzo, alcuni temi spariscono strategicamente dalla rete senza apparente motivo. E' il caso dei post sul dissidente Ai Weiwei. Il governo cinese ha intensificato la censura di post relativi al caso a partire da cinque giorni prima dell'arresto avvenuto il 3 aprile 2012 senza che nei media (cinesi o occidentali) ci fosse particolare evidenza che qualcosa stesse per accadere. Nel lavoro di King si trovano altri esempi in cui con questa tecnica si riesce anche prevedere le "attenzioni" a breve termine del governo cinese.
In conclusione, la censura diretta, quella 1.0 come l'abbiamo definita, quella che chiude i siti o elimina i link, non ci dice più di quello che già non sappiamo. L'analisi dei target della censura 2.0, quella sottile e che non si vede, ma che lascia tracce, invece ci può dire molto più. Purtroppo non tutti hanno gli strumenti per vedere ciò che non si vede e, ahinoi!, si sa che al giorno d'oggi se una cosa non c'è su internet? questa spesso non esiste neppure!