Il marketing sociale e le proposte dell'Osservatorio Migranti. Per risolvere il problema dell'alloggio degli stagionali e salvare il territorio.
Migliaia di braccianti affluiscono nelle campagne del Meridione ormai da 20 anni, non è certo una novità o una sorpresa: il loro lavoro è necessario all'agricoltura, all'economia nazionale e contribuisce anche ad imbandire la tavola di tutti. Dunque si sa perfettamente quando, dove e in che numero gli stagionali arrivano. Ma amministratori e produttori sembrano non aver interesse a chiedersi dove alloggeranno, se mangeranno, come si recheranno a lavoro, in che modo si cureranno, se verranno regolarmente retribuiti. E così lasciano che caporali e malavita lucrino sopperendo ai servizi mancanti.
Questa situazione mi fa pensare alla storia dell'abolizione della schiavitù come me la spiegò un sem terra brasiliano: Jelson Oliveira, come molti storici, sosteneva che se furono tolti i ceppi ai lavoratori delle piantagioni non perché si era compreso e diffuso il valore dell'uguaglianza. Si abolì la schiavitù semplicemente perché non era più conveniente. Lo schiavo - affinché fosse produttivo - si doveva pensare a sfamarlo, alloggiarlo e curarlo e ciò ovviamente era un costo e un impiccio. Ben più efficiente risultò assumere braccianti segregati e senza diritti e quelli che non reggevano stenti e fatica bastava sostituirli. Così alla schiavitù legalizzata seguì una schiavitù ipocrita, perfino più perversa della precedente poiché usufruiva del lavoro del bracciante per pochi spiccioli, lasciando a questi l'onere di procacciarsi tetto, acqua, cibo e cure.
Tuttavia oggi se qualche amministratore tra Puglia e Basilicata è affetto da oblio e cecità selettiva del disagio dei braccianti rischia di incorrere nel cosiddetto "marketing sociale" dell'Osservatorio Migranti Basilicata. Ciò che l'Osservatorio Migranti Basilicata (Omb) ha denominato "marketing sociale" è una forma di attivismo politico che consiste nel richiamare alle proprie responsabilità l'amministratore, l'ente o l'associazione tenuto ad erogare un servizio o a prendere atto di una certa situazione.
Cécile Kyenge, portavoce della Rete Primo Marzo, ed io abbiamo fatto tappa in Basilicata per raccogliere casi e denuncie di razzismo istituzionale, ma anche per documentare le buone pratiche, quale l'opera dell'Omb. Gervasio Ungolo, presidente del Centro di Documentazione-Associazione Michele Mancino e animatore dell'Osservatorio, ci spiega meglio in cosa consiste il loro lavoro: «Il nostro volontariato non vuole essere sostitutivo dei servizi che competono all'amministrazione, intendiamo fare un lavoro sussidiario, sostenere i comuni volenterosi e pungolare gli inadempienti ricordando loro doveri e mancanze. Ad esempio chiamiamo le Asp per sollecitarle a portare l'acqua ai casali abbandonati dove si riparano i migranti. Se la Provincia porta l'acqua noi non la portiamo più e possiamo dedicarci ad altro. Recentemente, poi, abbiamo stretto un accordo con il comune di Spinazzola che ci ha affidato il compito di rilevare e provvedere a diversi bisogni dei braccianti migranti, ad esempio con il polibus: un ambulatorio viaggiante».
Gervasio prosegue chiarendo in che modo spronano gli amministratori: «Ogni anno prendiamo di mira un Comune. Quest'anno il target del nostro marketing sociale è il comune di Venosa. Siamo andati dall'assessore a chiedergli conto e ragione del disagio dei braccianti e lui ci ha risposto: "Non conosco il problema". E così, per renderlo edotto, abbiamo organizzato il Clandestino day una festa con 100 migranti sotto il palazzo del Municipio».
L'Omb è anche un propulsore di idee e progetti per risolvere i problemi, primo fra tutti la spaventosa situazione abitativa dei migranti stagionali. Essi trovano alloggio in fatiscenti casolari disabitati, arroventati dal sole e senza porte, privi di acqua, gas e luce: luoghi in cui è facile infortunarsi e ammalarsi. Le amministrazioni dei Comuni che traggono profitto dall'agricoltura potrebbero farci qualcosa? Certamente!
L'Omb insieme ad una rete di associazioni e professionisti promuove tre possibili soluzioni altamente fattibili e a basso costo:
1. I NIR, parola che nei dialetti locali significa sia nero che nido, ma è anche un acronimo per "Nuclei Istantanei di Raccolta". Si tratterebbe di prefabbricati in legno trasferibili su autoarticolati: case viaggianti che seguono il percorso degli stagionali, spostandosi nelle diverse aree del Mezzogiorno in concomitanza con i sequenziali periodi di raccolta. I Comuni dovrebbero provvedere a spiazzali dove posizionare i NIR, fornendoli di acqua, luce e gas. Tali aree potrebbero essere utilizzate anche in altri momenti dell'anno per fiere, raduni, parcheggi di pullman, ecc.
2. Le Agrocities ovvero la riqualificazione dei borghi rurali. Vi sono molti borghi semi disabitati, in cui ci sono già le strutture per servizi come scuole e poste, che potrebbero essere ripopolati e riqualificati dagli stessi migranti. Ovviamente si dovrebbe evitare con una scrupolosa progettazione sociale che tali borghi si trasformino in ghetti, piuttosto renderli luoghi di cittadinanza attiva e interetnica.
3. L'autorecupero di casali e strade. Quest'ultima soluzione a mio avviso è la più convincente. Grazie al lavoro dei braccianti, si vorrebbero ristrutturare i casali. I braccianti/carpentieri otterrebbero in cambio di potervi alloggiare anche per gli anni successivi. Ciò permetterebbe di stabilire un legame con il luogo e dunque anche una maggiore cura e, soprattutto, ciò eviterebbe la disumanizzazione che deriva dall'abitare luoghi impersonali e degradati. L'architetto Stefano Boeri, assessore alla cultura di Milano, ha anche proposto la sistemazione di sentieri ciclabili. Il trasporto dal luogo in cui si dorme al luogo in cui si raccoglie è una delle voci su cui più lucrano i caporali e che più affligge i migranti. La creazione di piste ciclabili oltre a rendere più autonomi i braccianti favorirebbe anche il turismo nelle belle campagne del Meridione.
La seconda e la terza soluzione non sono solo una forma di solidarietà verso gli stagionali, ma un modo per contrastare la tendenza già consolidatasi a distruggere il patrimonio immobiliare e storico rurale. Molti proprietari preferiscono murare o addirittura abbattere i propri casolari per evitare che vi si istallino i migranti o per non pagare l'Imu. L'autorecupero delle abitazioni agricole è un modo per pensare i diritti dei migranti e dei locali come qualcosa di connesso e interdipendente, per ideare lo sviluppo economico in sintonia con quello umano.
Clelia Bartoli