L'ateneo senese a confronto per partecipare al nuovo network Onu sulla sostenibilità.
La sostenibilità entri nell'agenda culturale: «Abbiamo presentato un piano al Ministero».
Luca Aterini
Dopo aver lanciato NeSSO, (Network Siena Sostenibilità), l'ateneo senese non si ferma. L'attenzione rimane alta, ed il rettore Angelo Riccaboni, ha incontrato a Siena l'economista di fama mondiale Jeffrey Sachs, direttore dell'Earth Institute presso la Columbia University. Tema centrale dell'incontro è stato la discussione di forme di collaborazione dell'università toscana nell'ambito del nuovo Sustainable development solutions network, una rete globale indipendente formata da università, imprese, istituzioni e società civile per contribuire a trovare soluzioni per alcuni dei problemi mondiali più pressanti in ambito ambientale, sociale ed economico.
Per un approfondimento circa gli sviluppi di questo progetto e l'attenzione dedicata dall'università di Siena alla sostenibilità, greenreport.it si è confrontato col rettore dell'ateneo, Angelo Riccaboni.
Ad aprile di quest'anno l'università di Siena ha presentato il progetto NeSSO, un network per la sostenibilità. Quali obiettivi l'ateneo si propone di conseguire, con questo progetto?
«Le università sono luoghi che possono esprimere potenzialità molto importanti per fronteggiare le gravi questioni che assillano - e che assilleranno nei prossimi anni e decenni - il nostro pianeta, e se proprio le università non cominciano a rendersi disponibili non svolgono la propria missione. Se da una parte, infatti, occorre maggior dialogo tra università, istituzioni e imprese, dall'altra le università stesse devono avere chiare le competenze che spettano loro e che esprimano la propria motivazione per elaborare soluzioni. Da più di un anno l'università di Siena si muove su questa traccia, in un percorso che ha portato a individuare e raccogliere le potenzialità contenute nel progetto NeSSO: ora vogliamo portare avanti il confronto con l'esterno, con altre istituzioni. È già in piedi un dialogo con l'Earth Institute della Columbia university, un centro di livello mondiale diretto dall'economista Jeffrey Sachs».
Azzardando un bilancio a pochi mesi dal lancio, quali sono gli obiettivi raggiunti dall'iniziativa?
«Innanzitutto devo dire che abbiamo riscontrato un entusiasmo tale che non credevo nemmeno potesse esserci dentro un ateneo. Questo della sostenibilità è un tema molto sentito. Vale anche per i ricercatori, spesso chi se ne occupa lo fa solo perché capita. Tutti sono molto motivati - a partire dai ragazzi stessi dell'università - ed è di per se un fattore positivo riuscire a raccogliere attorno ad un tavolo le molte competenze che abbiamo trovato, scoprendo molte opportunità di cooperazione che prima era più difficile trovare. L'entusiasmo e questa rinnovata capacità di fare sistema ci rendono più forti anche nel presentarci all'esterno».
Con l'avanzare della globalizzazione, puntare sul fattore-rete diventa a maggior ragione fondamentale: vede dunque lo spazio per allargare il progetto anche al resto del sistema universitario toscano?
«Dopo aver messo in rete tutta la nostra ricerca sull'argomento, il prossimo passo è proprio quello di riuscire a fare un'azione di coordinamento anche con altri atenei particolarmente attenti alla sostenibilità anche oltre la Toscana, con istituti nazionali e internazionali. Abbiamo informato del nostro progetto altri atenei con i quali siamo in cooperazione - come Uppsala, Eindhoven - e questi si sono dimostrati propositivi».
Il 24 agosto Jeffrey Sachs ha fatto visita all'università di Siena per discutere di una collaborazione al nuovo network Onu sulla sostenibilità che sta nascendo, al quale sarà alla guida. Quale sarà il ruolo dell'ateneo all'interno di questo progetto?
«Già l'avere la possibilità di portare avanti un confronto con personaggi di questo calibro rappresenta un arricchimento. Avevamo già avuto la possibilità di collaborare con Sachs in passato; ha apprezzato la nostra impostazione a rete interna e la volontà di lavorare in rete all'esterno, ci sono stati contatti preliminari e siamo adesso di nuovo in contatto per cercare di lavorare insieme e condividere un progetto».
Muovere verso la sostenibilità è un processo globale, ma le varie piattaforme a livello internazionale sembrano concludersi ad ogni riunione (Rio+20 l'ultima in ordine di tempo) senza produrre significativi passi avanti. Ripone una diversa fiducia in questo nuovo network?
«Lo stesso Ban Ki-moon (il segretario generale dell'Onu, ndr) ha chiesto una particolare attenzione ai risultati, per questo nuovo network. Sono d'accordo con lei: credo anche io che sul tema della sostenibilità non si possa rimanere sempre troppo fumosi. Anche Jeffrey Sachs è un uomo molto pragmatico, e intende pianificare l'attività per poi misurane i risultati. Non possiamo fermarci alle sole analisi, anche le più sofisticate: definire degli obiettivi e pianificare delle iniziative è un'altra cosa. C'è la volontà di coinvolgere le imprese, le istituzioni, allargare la rete».
Promuovere la sostenibilità significa concentrarsi sul suo triplice aspetto economico, sociale, ecologico: è una rivoluzione anzitutto culturale. Come ritiene dovrebbe muoversi, per abbracciarla, il sistema educativo del paese?
«È una grossa domanda! Penso che ognuno debba fare il proprio piccolo passo. Quello che colpisce è che in altri Paesi, benché il nostro presenti molte criticità (siamo in grandissima parte dipendenti dall'estero per le importazioni di energia, ad esempio), il tema della sostenibilità è molto più sentito. È incredibile. Riuscire a far sì che in Italia si parli della sostenibilità e di cosa vogliamo fare da grandi - invece che soltanto di altre cose, come in una perenne campagna elettorale - è già positivo. Come università possiamo portare avanti il nostro piccolo ruolo per far sì che entri nell'agenda delle cose da fare. Io sono un'economista aziendale, e credo che la sostenibilità possa essere un mezzo per il benessere, non solo la cosa giusta da fare».
Per quanto possano essere valide le singole iniziative, sarebbe però estremamente utile anche un piano coordinato, non crede?
«Certamente. Ho parlato personalmente anche con il ministro dell'Istruzione, specificamente circa il tema della sostenibilità, perché credo sia essenziale che la sostenibilità venga messo in agenda. Abbiamo anche presentato un progetto in tema, vediamo come andrà a finire, se ci sarà copertura finanziaria. Nei giornali, ma anche nel dibattito pubblico, la sostenibilità rimane un tema marginale. Dopo un disastro naturale tutti si mettono a piangere, ma il giorno dopo... vedo però che i ragazzi sono su questo molto ricettivi. Per cambiare non c'è un percorso facile, servirà tempo, ma dobbiamo iniziarlo: altrimenti non ce la faremo mai. Da parte nostra un piccolo contributo vogliamo darlo, e se riusciamo a costruire reti importanti sarà già un passo avanti».