di Andrea Biondi

Ad arrivare «con serenità» alla fine del mese è solo una famiglia su tre. Per una su quattro invece, per cavarsela non c'è alternativa al credito al consumo. Nel giorno in cui l'Istat ha certificato l'aumento delle difficoltà sul fronte occupazionale, soprattutto per i giovani e con un'inflazione che non molla la presa anche uno studio dell'Eurispes - "Italian Spread, la differenza fra ricchezza, redditi dichiarati e tenore di vita" - mette altra carne al fuoco riguardo alle conseguenze di una crisi che picchia sempre più duro. E' così che, spiega l'istituto, è «i redditi di una famiglia tipo in varie città del Nord, del Centro e del Sud Italia non sono sufficienti a fare fronte alle spese necessarie per condurre una vita dignitosa».

In un clima che per alcuni diventa irrespirabile, il richiamo del sommerso inizia dunque a diventare una sirena irresistibile. Tanto da arrivare a generare in Italia un valore che l'Eurispes stima vicino ai 530 miliardi di euro. Per avere una misura, occorre mettere insieme i Pil ufficiali di Finlandia (177 miliardi), Portogallo (162 miliardi), Romania (117 miliardi) e Ungheria (102 miliardi). Una piovra insomma che non lascia immuni settori - dall'agricoltura all'edilizia, dai servizi all'industria - e che assume le sembianze di doppiolavoristi, pensionati attivi, finti disoccupati, ma anche affitti in nero ed extracomunitari non in regola. Un economia parallela, insomma, «che in mille modi e sotto diverse forme va a integrare i redditi delle famiglie» e che funge da «ammortizzatore sociale per milioni di italiani che sono quotidianamente, insieme e a turno, vittime dell'evasione ed evasori essi stessi», dice il presidente Eurispes Gian Maria Fara.

Secondo la mappa tracciata dall'Eurispes, il 53% dell'economia non osservata è rappresentato dal lavoro sommerso; il 29,5% dall'evasione fiscale a opera di aziende e imprese e il 17,6% dalla cosiddetta economia informale. Per quanto riguarda la parte più consistente dell'economia non osservata, che è quella relativa al flusso di denaro generato dal lavoro sommerso, le stime si attestano a circa 280 miliardi di euro.

Il fenomeno ha comunque diversi contorni a livello territoriale, con le regioni del Mezzogiorno che sembrano essere molto più delle altre terreno del sommerso. Analizzando infatti lo squilibrio fra entrate e uscite "di cassa" di quelle che l'Eurispes ha individuato come famiglie tipo, lo spread risulta essere più alto in Puglia (dove il differenziale tra ricchezza dichiarata e benessere reale si attesta a 54 punti base), seguita da Sicilia (53), Campania (51) e Calabria (50 punti). A livello provinciale in 18 province lo spread supera quota 50 punti, con in testa Catania (50 punti) che precede Ragusa, Sassari, Brindisi e Agrigento (tutti a 57).

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