Con l'"intensificazione sostenibile", possibili incrementi di produzione dal 45 al 75% delle principali colture.

Necessari grandi cambiamenti notevoli nella gestione dei nutrienti e delle risorse idriche.

Lo studio "Closing yield gaps through nutrient and water management" pubblicato su "Nature", offre una nuova speranza per aumentare la produzione globale di cibo, riducendo l'impatto ambientale del settore agricolo, ma sottolinea che «nei prossimi decenni, una sfida cruciale per l'umanità sarà quella di soddisfare le richieste alimentari future senza compromettere ulteriormente l'integrità dei sistemi ambientali della Terra».

I ricercatori dell'Institute on the environment dell'università del Minnesota e del Department of geography and global environmental and climate change center, dell'università McGill University di  Montreal, ricordano che «i sistemi agricoli sono già tra le maggiori forze di degrado ambientale globale, ma la crescita della popolazione e il crescente consumo di calorie e le diete ad alta intensità di carne entro il 2050 dovrebbero quasi raddoppiare la domanda alimentare umana. In risposta a queste pressioni, c'è una crescente attenzione alla "intensificazione sostenibile" come un mezzo per aumentare la resa dei territori  poco efficienti, diminuendo contemporaneamente l'impatto ambientale dei sistemi agricoli. Tuttavia, non è chiaro cosa tali sforzi potrebbero comportare globalmente per il futuri territori agricoli».

I ricercatori statunitensi e canadesi presentano una scala globale di valutazione delle prospettive di intensificazione per la chiusura del "gap di rendimento", cioè  le differenze tra i rendimenti agricoli osservati e quelli raggiungibili in una determinata regione, i modelli spaziali di pratiche di gestione agricola e di limitazione della produzione, di gestione e delle modifiche che si rendessero necessarie per ottenere maggior rendimento e dicono di aver trovato che «la variabilità del rendimento globale è fortemente controllabile con l'utilizzo di fertilizzanti, irrigazione e  clima. Incrementi di produzione di grandi dimensioni (dal 45% al 70% per la maggior parte delle colture) sono possibili per eliminare i divari di rendimento al 100% dei rendimenti raggiungibili e le modifiche alle pratiche di gestione che sono necessari per colmare le lacune di rendimento variano notevolmente per regione e intensità corrente».

Inoltre il team scrive che «Ci sono grandi opportunità per ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura, eliminando un uso eccessivo di nutrienti, pur consentendo un aumento di circa il 30% della produzione di cereali più importanti (mais, frumento e riso). Unire sicurezza alimentare e le sfide della sostenibilità dei prossimi decenni è possibile, ma richiede cambiamenti notevoli nella gestione dei nutrienti e delle risorse idriche».

La premessa centrale del nuovo studio è che è che l'intensificazione dell'agricoltura esistente è la chiave per mantenere un equilibrio tra l'agricoltura e le foreste. Per fare questo, i ricercatori hanno analizzato il cosiddetto "yield gap", cioè la differenza tra quello che è il più alto rendimento che un'azienda agricola, o un'area all'interno di una data regione è in grado di produrre, con il rendimento medio. La differenza tra queste aziende best-practice e l'azienda media è lo yield gap, la differenza di rendimento.

La diffusione di buone pratiche agricole potrebbe aumentare i rendimenti globali di mais del 64%, di grano del 71% e di riso del 47%. Lo studio ha rilevato che in alcune parti del mondo, compresi Usa, Cina ed Europa occidentale, viene utilizzato molto più concime del necessario ed una gran parte finisce nelle acque di scolo e poi nei corsi d'acqua. Con un utilizzo più efficiente di questi concimi, molte sostanze nutritive potrebbero essere rese disponibili per utilizzarle in Europa orientale e in Africa occidentale senza danneggiare Usa, Cina e Ue.

Il team canadese-statunitense ha scoperto che le regioni "underperforming" del mondo possono raggiungere il 75% del loro potenziale di produzione vegetale aumentando l'uso globale di azoto di solo il 9% e l'uso di potassio del 34%. «Tali incrementi di efficienza - dicono - diventeranno sempre più necessari in quanto la domanda alimentare globale è destinata a raddoppiare entro il 2050, a causa dell'aumento della popolazione e del miglioramento degli standard di vita».

Quindi un utilizzo "saggio" e strategico di fertilizzanti ed acqua potrebbe aumentare fortemente il  rendimento globale delle coltivazioni ed allo stesso tempo ridurre l'impatto negativo dell'agricoltura sull'ambiente. Nathaniel Mueller, un ricercatore dell'Università del Minnesota, spiega: «Abbiamo spesso visto questi due obiettivi come "trade-off": si potrebbe avere o più cibo o un ambiente più pulito, non entrambi. Questo studio dimostra che non è necessariamente così».  

Però, i ricercatori avvertono che la loro analisi è ancora ad una scala grossolana e che «Molti altri fattori, tra cui le caratteristiche del territorio, l'uso di concimi organici, l'economia, la geopolitica, la disponibilità di acqua ed i cambiamenti climatici influenzeranno i rendimenti reali nella produzione vegetale e nella  riduzione degli impatti ambientali negativi». Tuttavia, sono incoraggiati dalla forte indizio che «La chiusura dello "yield gap" nei terreni poco efficienti, precedentemente identificato come uno dei cinque punti promettenti per soddisfare il futuro fabbisogno alimentare, insieme allo stop si terreni agricoli ai tropici, all'utilizzo di inputs  di produzione agricola più strategici, al cambiamento delle diete ed alla riduzione del cibo nei rifiuti, è una grande promessa per incrementare la sicurezza alimentare sostenibile».

Mueller conclude: «Questi risultati dimostrano che guadagni sostanziali sono effettivamente possibili per  colmare il divario di rendimento, unendo questi sforzi ad una migliore gestione dei terreni esistenti, potenzialmente in grado di ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura. Offrono anche suggerimenti concreti su dove e come si possono concentrare gli sforzi futuri. Questo lavoro dovrebbe servire come una fonte di grande incoraggiamento e motivazione per coloro che lavorano per sfamare una popolazione di 9 miliardi e più che si prevede vivrà su questo pianeta nel 2050, proteggendo gli indispensabili sistemi di supporto alla vita della Terra».

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