La striscia di Gaza si trova di fronte a una crisi idrica che presto la renderà "invivibile", a meno che le banche non approvino il progetto di un impianto di dissalazione da 500 milioni di dollari. È quanto riporta il Guardian, che cita le informazioni diffuse nel corso di una conferenza che si è tenuta in questi giorni a Stoccolma.

In 365 kmq - ricorda il quotidiano britannico - vivono 1,6 milioni di persone e si prevede che nell'arco di otto anni la popolazione aumenti di circa 500 mila abitanti. L'acqua arriva soltanto da una falda divisa fra Gaza, Israele ed Egitto. Secondo gli esperti, ogni anno non dovrebbero essere estratti più di 55 metri cubi d'acqua: ma attualmente ci si aggira intorno ai 160 metri cubi e la pioggia riesce ad alimentarla solo in parte. Per giunta è stata gravemente intaccata dall'inquinamento: già adesso per il 90% non è potabile, tanto che una patologia su quattro, nella striscia di Gaza, è riconducibile all'acqua. Secondo l'Unep, di questo passo già nel 2016 sarà inutilizzabile ed entro il 2020 i danni saranno irreversibili.

Fin dal 1996 si discute sulla possibilità di aprire un impianto di dissalazione: ma sembra che finalmente la strada per un nuovo progetto annunciato dalle autorità palestinesi sia percorribile. A supportarlo infatti sarebbero Israele, tutti i governi del Mediterraneo, l'Unione europea, l'Onu e alcune importanti banche per lo sviluppo. Si tratterebbe di un impianto che necessita una centrale elettrica da 90 MW. Il costo complessivo, pari a 500 milioni di dollari, verrebbe coperto per la metà dalla Banca per lo sviluppo islamico, e in parte dalla Banca europea per gli investimenti.

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