Esteri L'azienda guidata da Scaroni rischia una multa di 22,5 milioni di dollari
Il ministro del petrolio indiano ha interrotto un contratto di esplorazione con la multinazionale petrolifera di Piazza Mattei a tutela di un parco nazionale.
Jaipal Reddy è il ministro del petrolio indiano. Lo stesso che, stando a quanto anticipato il 30 agosto dal "The Economic Times", avrebbe stracciato un accordo di "esplorazione" con la prima impresa del nostro Paese, l'Eni - presente in India dal 2005 con due blocchi esplorativi, uno onshore nel Rajasthan e l'altro nell'offshore delle isole Andamane - comminando peraltro una sanzione pari a 22,5 milioni di dollari. Oggetto del contendere è il mancato completamento da parte del colosso guidato da Paolo Scaroni delle operazioni relative al "blocco" ubicato nella regione indiana del Rajasthan.
A complicare il percorso dei 12,4 miliardi di dollari di investimenti - suddivisi in 51 punti tra Bp, Cairn India, Bhp Biliiton - sarebbe infatti la collocazione dell'area di esplorazione, la quale risulta nei confini di un parco nazionale tutelato (Desert National Park). I vertici delle industrie petrolifere interessate sostengono che il vero responsabile dell'accaduto sia il governo di Nuova Delhi, incapace di confezionare autorizzazioni complete e dettagliate. Al contrario, secondo i funzionari del ministero sarebbe stata proprio Eni a scartare le indicazioni pervenute nel 2008 dal National Wild Life Board, che la invitavano a sondare la Corte Suprema per tutto ciò che riguardasse autorizzazioni di natura ambientale.
Contattato direttamente, l'ufficio stampa della multinazionale petrolifera italiana ha risposto che "nulla ancora risulta". Quel che è certo è l'andamento dell'azienda, che ha presentato lo scorso 30 giugno la relazione semestrale relativa al 2012. Fotografia della diffusione capillare di Eni nel mondo: dalla Croazia alla Norvegia, dalla Polonia al Regno Unito, dall'Ucraina all'Algeria, dall'Egitto alla Libia (dove l'attività estrattiva è ripresa ed ha permesso l'incremento di produzione rispetto al 2011), dalla Tunisia all'Angola, dal Congo al Gabon, dal Ghana al Kenya. E poi Cina, India, Iran, Iraq, Pakistan, Brasile, Ecuador, Russia, Stati Uniti. Fino alla Nigeria, dove il colosso italiano denuncia la "rapida crescita dei fenomeni di furto e sabotaggio". Nel capitolo relativo alla produzione di idrocarburi, la relazione semestrale dà conto di 1,661 milioni di barili, in crescita del 4,7% rispetto ai primi sei mesi del 2011.
Fino ai "ricavi dalla gestione": 107,6 miliardi di euro nell'esercizio 2011, già a quota 63,2 miliardi nei primi sei mesi di quest'anno.