La storia di Lea Pische, ragazza sarda diventata imprenditrice nel campo tecnologico facendo la cameriera in una pizzeria della Grande Mela. La sua attività, una piattaforma per mettere in contatto ristoratori e fornitori, è agli esordi ma promette bene. E con il suo compagno, la startupper ha creato anche un'app per districarsi tra le offerte di siti come Groupon.

Alessio Lana

La pizza c'è, la pasta pure, ma al posto del mandolino Lea Pische ha messo la tecnologia. Nata a Bonorva, una cittadina in provincia di Sassari nel 1984, prima ha studiato in diverse città italiane, poi, nel 2009 arriva la svolta. Si trasferisce a New York e inizia a lavorare in una pizzeria italiana. All'apparenza la sua storia ricalca quella di tanti nostri connazionali immigrati ma c'è una variante: Lea infatti oggi è un'imprenditrice nel campo tecnologico.

UNA CAMERIERA HI-TECH - «Sono arrivata a New York in gennaio. C'era un freddo cane», ricorda a il Vostro, «Ero partita per fare un corso di lingue ma poi ho deciso di restare: avevo infatti scoperto di poter continuare gli studi anche da qui». Lavora quindi come cameriera ed è proprio questo che le dà la prima idea: vede che i ristoratori per ordinare la merce sono costretti a lunghe telefonate con i fornitori. «Con tutta la tecnologia a disposizione non riuscivo a capire perché non fosse stato ancora inventato il modo di trasmettere gli ordini dal ristorante al fornitore senza utilizzare il telefono», così pensa a una soluzione e da qui avvia la sua prima startup, Runorder.com.Termine in voga dai tempi della bolla di internet nel 2001, startup definisce un'impresa nascente che si basa su una buona idea ma non ha denaro per espandersi e, aiutata dai bassi costi di promozione offerti dalla Rete, promuove un servizio innovativo sperando poi di raccogliere fondi per espandersi. Facebook, Google e i più interessanti fenomeni del web sono nati così.

LA PRIMA STARTUP - Ma torniamo a Runorder.  La fase di gestazione è lunga ma nel maggio 2011 ecco nascere questo sito che al momento è ancora in fase di acquisizione di fornitori per creare il database necessario per mettere in contatto le due parti. Lea non fa tutto da sola. Un anno prima infatti aveva conosciuto Edwin Hermawan, americano di origini cinesi anche lui impegnato in una startup. «Ci siamo conosciuti in un locale per caso», racconta Lea, «E poi è sbocciato l'amore». Oggi fanno coppia fissa e insieme si sono buttati in una nuova avventura, Unsubscribedeals.com, un'applicazione che permette di filtrare le email ricevute dai cosiddetti Daily Deals, i siti come Groupon e Groupalia che inviano quotidianamente email con sconti per comprare le cose più disparate, dai soggiorni termali agli accessori per pc.

IN COPPIA È PIÙ FACILE - Qui da noi questi servizi hanno preso piede da poco ma negli States hanno avuto un boom incredibile. La corsa alle offerte (spesso finte) ha spinto molti utenti a iscriversi a decine di siti con il risultato che oggi le loro casella di posta elettronica sono colme di offerte di prodotti non richiesti come creme anticellulite per i diciottenni o biglietti per concerti techno per i sessantenni. Lea e Edwin pensano a un rimedio e così danno il via a questa nuova startup. «Praticamente quando l'utente ci da accesso alla email facciamo una scansione dei messaggi in arrivo dell'inbox e vediamo a quali siti di offerte è iscritto, poi l'utente decide quali tenere e quali eliminare e, come terzo passaggio, si può selezionare quali offerte ricevere». Un esempio? «Se a te piacciono solo ristoranti e spa, Unsubscribe deals ti manda solo una email quotidiana o settimanale, a tua scelta, con dentro tutte le offerte riguardanti ristoranti e spa». Facile, insomma, e anche la privacy è al sicuro. Al momento il servizio è attivo solo per chi ha un account presso Gmail o Yahoo! Ed entrambe le aziende consentono alla startup di vedere solo i messaggi riguardanti i siti di offerte. Tutti gli altri rimangono celati alla loro vista. Il lancio è del maggio scorso e in pochi mesi sono riusciti ad aiutare più di 5.000 persone. Di più non si può fare. I fondi sono pochi e per crescere c'è sempre bisogno di denaro.

UN FUTURO ANCORA NON SCRITTO - Lea e Edwin però sono diversi dagli altri microimprenditori. Generalmente quando si lancia un servizio in Rete si va subito alla ricerca di finanziatori, i cosiddetti capitalisti di ventura (venture capitalist) ma loro preferiscono fare da sé. «Al momento non ci stiamo muovendo per cercare fondi», chiarisce subito Lea, «Stiamo cercando di fare il possibile per diventare redditizi senza grossi investimenti»e poi va giù duro: «Sinceramente non ho ancora capito alcuni startupper che non hanno nemmeno monetizzato e prendono milioni di investimenti». Lea quindi ha preferito muoversi con cautela. Per ora continua a lavorare in pizzeria per mantenersi ma in futuro vede un ufficio «con una bella cucina, così posso preparare qualche buon piatto italiano per i miei colleghi». Come dicevamo, una storia di pizza, pasta e tecnologia.

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