Hanno tra i 30 e i 40 anni, sono diventati genitori tardi per riuscire nella loro professione ma quando arrivano all'apice si trovano schiacciati dalla doppia incombenza: il successo nel lavoro e i doveri verso la famiglia. Ora l'Economist li definisce Generation Xhausted.

ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA - Sono i professionisti urbani a due velocità: quelli che vanno più lenti  con la famiglia per andare più forte nel lavoro. Rimandano la nascita  dei figli per potersi concentrare pienamente sulla carriera. Ma quando  la fanno si ritrovano in posizioni di comando in ufficio mentre sulla  porta di casa li aspettano bambini ancora piccoli, biberon e pannolini.  "Generation Xhausted", Generazione Esausti, li definisce l'Economist: i 30- 40enni d'oggi che hanno conquistato il potere precocemente, molto prima rispetto  ai loro genitori, ma che si sentono stressati, svuotati di ogni energia.   

Talvolta sono decisamente infelici, per l'accumulo  di troppe responsabilità  nel momento  sbagliato. Sono  donne come Marissa Mayer, che  a 37 anni e per la prima volta incinta  viene nominata amministratore  delegato di Yahoo, portata  via a Google come una celebrità, osannata come la manager più in voga della stagione, ma incerta su come farà adesso a gestire impegni pubblici e privati; come Louise Mensch, 41enne scrittrice di romanzi rosa e deputata conservatrice in procinto di diventare ministro, che si è dimessa dall'incarico perché non riusciva più a combinare i suoi impegni politici con quelli di madre di tre figli e moglie di un agente di rock star americane; come l'attrice 39enne Gwyneth Paltrow, che divisa tra i compiti di mamma a Londra e gli impegni cinematografici a Hollywood ha abbandonato l'Inghilterra nel tentativo di salvare famiglia e lavoro; come la politologa 49enne Anne Marie Slaughter, che ha lasciato il suo prestigioso posto di consigliera del segretario di Stato americano Hillary Clinton per tornare a occuparsi dei suoi due bambini, confessando in un articolo che ha fatto clamore sulla copertina della rivista Atlantic: "Non è vero che le donne possono avere tutto".

Ma sono esauriti pure gli uomini, quando si trovano in condizioni simili. David Cameron, diventato primo ministro britannico a 43 anni, con due figli che fanno le elementari e uno in fasce, è così sfinito che il mese scorso ha dimenticato uno dei suoi bimbi in un pub e poi è tornato a riprenderlo di corsa insieme alla scorta del servizio segreto. George Osborne, cancelliere dello Scacchiere ad appena 38 anni, è accusato di essere un pessimo ministro del Tesoro e un padre così così perché affaticato dalle duplici incombenze. Ed Miliband, nominato leader del partito laburista a 40 anni e subito allietato dall'arrivo di due pargoletti che lo hanno spinto a mettersi in "paternità", forse non ne è ancora uscito, commentano i maligni, sostenendo che il Labour è in mano al suo delfino Ed Balls.

Lo stesso fenomeno si nota nel business, dove i dirigenti delle grandi imprese sono più giovani di un tempo, e non solo in industrie digitali tipo Google (Sergey Brin ha 39 anni) e Facebook (Mark Zuckerberg ne ha 28): uno studio della Egon Zehnder International, società di cacciatori di teste aziendali, afferma che oggi il 40 per cento degli amministratori delegati di grandi aziende occidentali sono sulla quarantina, una percentuale raddoppiata negli ultimi quindici anni. Anche loro, nonostante stuoli di baby-sitter, soffrono la sindrome dell'esaurimento fisico: vedi il caso del portoghese Antonio Horta-Osorio, 46enne chief executive officer del Lloyds Banking Group, astro in ascesa della City e padre di tre figli, che l'anno scorso ha dovuto mettersi improvvisamente in malattia per stress, "volevo fare troppe cose tutte in una volta", ha dovuto riconoscere.

Non è il caso di Brin e Zuckeberger, certo, forse perché nessuno dei due ha (ancora) fatto figli: ma uno studio del Financial Times riporta che nel 2012 c'è stato un numero record (320) di dimissioni di amministratori delegati in Europa, colpa di crisi e recessione, certo, ma anche del doppio peso su executive più giovani di guidare una società e spingere carrozzine. Beninteso, il trend della spossatezza da eccessive responsabilità non riguarda soltanto capi di governo e super manager: anche nella fascia media delle professioni oggi si comincia a fare carriera prima di una volta, secondo dati dell'Office for National Statistics britannico.

Entro il compimento dei 38 anni, ammette Bagehot, pseudonimo del columnist più importante dell'Economist, "gli ambiziosi odierni sono già arrivati da qualche parte": compreso lui, che confessa di averne 37. Ciò è certamente un bene, se confrontato con le gerontocrazie del passato (o del presente, come in Italia, dove l'età media della classe dirigente politico-economica è 59 anni). Ma può diventare anche un male, perché spesso i 30- 40enni in carriera giungono a questi risultati rinviando la creazione di una famiglia e quando la formano si ritrovano schiacciati dalla doppia incombenza: il successo nel lavoro e i doveri verso i figli. In Inghilterra l'età media in cui una donna partorisce è arrivata a 32 anni e continua a crescere; quella in cui un uomo diventa padre è ancora più alta, sfiorando i 35.

Nelle generazioni precedenti, i figli si facevano prima e il successo professionale arrivava più tardi: ora le due cose coincidono, figli e successo giungono praticamente insieme, esercitando una pressione spesso insostenibile. "Ho scelto i figli e messo da parte la carriera", ammette l'ex-deputata Louise Mensch. "Se vado in crisi prenderò un sabbatico familiare ", ipotizza Marissa Meyer. "Riservo una sera alla settimana a una cena romantica con mia moglie e ogni week-end ai bambini", suggerisce come soluzione David Cameron.

Ma un rapporto di Relate, società di consulenze familiari, indica che disturbi psicologici come la solitudine, la depressione e la nevrosi sono più comuni nella fascia di età fra i 34 e i 45 anni. È anche il periodo in cui più facilmente si disintegrano le famiglie: in Gran Bretagna il più alto numero dei divorzi avviene entro tre anni dalla nascita dei figli. Non a caso il sondaggio nazionale sulla felicità promosso dal governo britannico ha riscontrato che la soddisfazione personale ha una punta intorno ai 20-25 anni, poi cala fra i 30 e i 45, per tornare a salire dopo i 50. La proverbiale "crisi di mezza età" esiste ancora, ma non colpisce più in quella che era considerata la mezza età, bensì prima: dai 35 in poi. I ruoli si capovolgono.

I 55 anni sono i "nuovi 45", affermano i sociologi: niente più ansia sul lavoro, figli finalmente grandi, voglia e possibilità di tornare a divertirsi. Guardati con invidia da quelli che 45 anni li hanno davvero. "Spent generation", generazione di scoppiati, li chiama il dottor Frank Lipman, autore di un libro con quel titolo sui 40enni esausti del giorno d'oggi. "La stanchezza di cui soffrono ha raggiunto livelli epidemici", afferma l'autore, che poi offre anche qualche ricetta per non sentirsi più così a pezzi: "Dormire di più. Fare una pausa di almeno 15 minuti per il lunche almeno una passeggiata all'aperto al giorno. Abolire caffè e zuccheri. Provare la yoga, la meditazione, qualsiasi cosa. Ma soprattutto rallentare". Facile a dirsi, per lui, che ha 55 anni, la carriera risolta e figli grandi. Più difficile se di anni ne hai 40, i tuoi dipendenti ti stanno fissando per ricevere gli ordini del giorno e poi devi correre a casa a preparare la pappa ai bebè.

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