L'Artico si sta sciogliendo e la colpa sarebbe dell'uomo. I ghiacci hanno raggiunto i livelli più bassi di spessore e quantità mai registrati. Le immagini scattate dai satelliti Esa e Nasa mostrano come i ghiacci si estendano ormai solo per 1,58 milioni di miglia quadrate, circa 4 milioni di chilometri quadrati. Una superficie che ricopre appena il 30% dell'Oceano Artico. La causa dello sciogliemento, secondo gli scienziati, sarebbe dei gas serra prodotti dall'uomo. Gli effetti dello scioglimento accelerano il riscaldamento del pianeta, modificando il clima nell'emisfero boreale.
Jennifer A. Francis, scienziata della Rutgers Univerity, ha spiegato: "E' difficile anche per persone come me credere che il cambiamento climatico che stiamo osservando sta dimostrando le nostre peggiori previsioni. E' qualcosa che comincia a darmi i brividi, in verità".
I timori degli scienziati nascono dallo studio delle immagini scattate con satelliti come Cryosat, dell'Esa, e IceSat, della Nasa, che hanno mostrato un assottigliamento dei ghiacci del polo nord ed un consistente scioglimento dagli anni Settanta a oggi. Il record di scioglimento nella stagione dell'estate artica fu toccato nel 2007, ed ora che l'estate non è ancora terminata ed il record è stato già battuto si teme per gli effetti sul clima.Infatti a preoccupare gli scienziati non è tanto l'innalzamento delle acque, che potrebbero far sparire isole o tratti di costa, ma i cambiamenti climatici nell'emisfero boreale del pianeta.
Se il riscaldamento è stato avviato dai gas serra prodotti dall'uomo, lo scioglimento dei ghiacci dà poi vita al fenomeno dell'amplificazione artica, che appunto causa un ulteriore innalzamento delle temperature. Il ghiaccio del polo nord è noto per riflettere la luce del Sole, mantenendo dunque una temperatura mite anche in estate. Quando il ghiaccio si scioglie vengono esposti ai raggi solari la roccia e le scure acque dell'oceano Artico, che assorbono il calore e lo rilasciano, amplificando così lo scioglimento già in atto.
Il surriscaldamento allora comporta cambiamenti sia nelle temperature delle correnti oceaniche che nelle correnti atmosferiche, causando cambiamenti di ecosistemi marini e significative alterazioni meteorologiche. Tanto più se i cambiamenti climatici che oggi vengono registrati ed i livelli di record di minima quantità dei ghiacci erano previsti per la metà del XXI secolo e non per la fine del primo ventennio.
Michael Mann, climatologo della Pennsylvania State University, ha osservato: "Si tratta di un esempio di come l'incertezza non sia nostra amica nel caso di rischi legati ai cambiamenti climatici. In questo caso i modelli noti non erano in grado di riprodurre correttamente il fenomeno, forse perché troppo conservativi, o probabilmente per la mancanza di nostre nozioni fisiche importanti a riguardo".
Resta il fatto che quanto ci si aspettava per il 2050 si sta verificando nella calda estate del 2012 e in appena 33 anni di osservazione dei livelli di ghiaccio artico si sono registrati dei trend di scioglimento impossibili da prevedere. Le temperature medie della regione aumentano a velocità doppia rispetto a quelle dell'intero pianeta, con il rischio che in appena pochi anni il clima in cui viviamo cambierà in maniera radicale e inaspettata.
La speranza resta allora che l'inverno, ed il freddo, riescano a ricostituire la maggior parte del ghiaccio disciolto, anche se lo spessore sottile registrato fa temere il peggio: quello che prima era compatto e solido ghiaccio, ora è troppo esile per sopportare anche solo il primo caldo di marzo, il caldo della regione un tempo nell'immaginario collettivo sinonimo di freddo assoluto.