Possiamo dunque temere di veder apparire, nel medio termine, non una democrazia diffusa su tutta la Terra ma un'aristocrazia planetaria del sapere, del potere e della ricchezza, contrapposta a una massa di semplici consumatori e a una massa, ancora maggiore, di esclusi sia dal sapere sia dal consumo.
Saremo dinanzi a un'aristocrazia globale (nei laboratori delle università americane si incontrano già individui provenienti da ogni parte del mondo, molti dei quali non ritorneranno nel paese di origine). Saremo dinanzi a un'aristocrazia polare (nel senso che le reti di circolazione delle conoscenze si incroceranno in più punti del pianeta). Infine, e senza irrigidire necessariamente i rapporti di forza esistenti, essa tenderebbe a rinforzarli (dato che il costo degli studi e le condizioni di vita sociale giocano certamente un ruolo essenziale nella diffusione del sapere). Se pensiamo, rispettivamente, alle possibilità per il futuro di una ragazzina che vive a casa del diavolo, in una campagna isolata dell'Afghanistan, e di un ragazzino americano figlio di due professori di Harvard, possiamo capire quel che rischia di essere il futuro dell'umanità.
La storia ha un senso? Quale senso? L'unico senso è la conoscenza. E l'unico ostacolo alla conoscenza è l'arroganza intellettuale degli allucinati di ogni sorta che vogliono imporre le loro convinzioni all'umanità. Certo, esistono diversi livelli di allucinazione, e non metto sullo stesso piano i teorici del liberalismo e i fanatici religiosi. Ma anche i primi sono ben lontani dalla modestia scientifica (parlo della modestia della scienza in sé, non di quella degli scienziati) che mira a spostare progressivamente le frontiere dell'ignoto.
Marc Augè su La Repubblica del 27 agosto 2012