di Salvatore Sfrecola

Salvatore Sfrecola, presidente della Corte dei Conti del Piemonte, ha scritto sul suo blog "Un sogno italiano" un articolo sui progetti di sviluppo cui il Governo sta lavorando.

Al termine della riunione del Consiglio dei ministri del 24 agosto, nove ore di discussione definita dai più "seminariale", a testimonianza che l'occasione era soprattutto destinata, com'era logico che fosse dopo le ferie estive, ad una messa a punto dell'agenda del Governo per i prossimi mesi, tra le varie dichiarazioni e battute riportate dai giornali e dai telegiornali spicca quella del Ministro dell'economia Vittorio Grilli il quale avrebbe affermato, riprendo dal Corriere, che i progetti di sviluppo "dovranno stare entro le risorse disponibili". Che il ministro spera arrivino dalla revisione delle agevolazioni fiscali, dalla valorizzazione dei beni pubblici, dalla revisione della spesa pubblica.

Si tratta, è la constatazione, della classica scoperta dell'acqua calda:

Se non ci sono risorse non si possono fare nuove spese. Affermazione si direbbe, absit iniuria verbis, ragioneristica (Grilli è stato Ragioniere generale dello Stato), sicuramente coerente con l'esigenza di fare il passo secondo la gamba, come invita la prudenza popolare, ma è certo che se si vuol crescere occorre anche un po' di fantasia ed anche una dose, sia pure prudente, di audacia. Non solo perché, per dirla con Virgilio, audentes fortuna iuvat, ma perché non si può attendere il realizzarsi delle risorse, occorre provocarne la formazione attraverso iniziative capaci di stimolare la crescita, che significa nuove produzioni, nuovi posti di lavoro, nuove disponibilità per le famiglie, ripresa del mercato interno. Il tutto con nuove entrate fiscali, dalle produzioni, dai posti di lavoro, dagli acquisti delle famiglie.

Per questo, sostiene, "la demonizzazione dell'IVA meriterebbe qualche riflessione che non si fa".

La crescita richiede fiducia anche negli imprenditori che per "osare", e giovarsi della fortuna che assiste gli "audentes", devono percepire possibilità di crescita, partendo dagli investimenti necessari a diversificare ed aumentare le produzioni, che le banche non finanziano e che il Governo non assiste attraverso mirati, prudenti incentivi fiscali.

Ho sempre ritenuto che il fisco sia lo strumento di elezione della politica economica, flessibile e di immediati effetti, per questo ho visto con favore l'iniziativa del Viceministro per le infrastrutture, Mario Ciaccia, che ha proposto di eliminare l'IVA sulle grandi opere, convinto che l'iniziativa possa generare nuove entrate attraverso la velocizzazione di un settore fondamentale per il Paese. Certo vanno studiati gli effetti dal punto di vista della tenuta dei conti.

Ma questa è la strada "la fantasia al Governo", avrebbe detto Tommaso Marinetti. È stato sempre così, come per le semplificazioni, troppo timide, assolutamente inadeguate all'esigenza del momento. Naturalmente anche in questo caso, in un Paese dall'autocertificazione facile, falsa "tanto nessuno controlla", occorre verificare come attuare semplificazioni che non distorcano il mercato alterandone le regole, nel senso di danneggiare gli operatori economici onesti, quelli che le leggi le rispettano.

Ma nel 2012, nell'era dell'informatica nella quale il codice fiscale permette di individuare tutti i soggetti che operano in rapporto alle pubbliche amministrazioni, con una griglia di adempimenti verificabili attraverso banche dati ad hoc, anche il timore che le semplificazioni aiutino solo i furbi va ridimensionato.

L'Italia e gli operatori economici non possono aspettare che le entrate dello Stato siano accertate, riscosse e versate in tesoreria, come prescrive la legge di contabilità dello Stato. È solo necessario che gli accertamenti siano verificabili, che le previsioni siano certe. Ma a questo provvede la Ragioneria Generale dello Stato.

Anni addietro Andrea Monorchio, Ragioniere Generale, mi parlava di un modello econometrico del quale esaltava la capacità di tenere sotto controllo i conti e di elaborare previsioni in ogni settore. Che fine ha fatto se non possiamo giocare d'anticipo, osare nell'interesse del Paese..

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